domenica 10 aprile 2011

ELEMENTI Dl ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA 5. Klibansky, Panofsky, Saxl: la dottrina dei quattro umori, e l’interpretazione della Melencolia I di Dürer

Accademia di Belle Arti in Venezia
Docente:  Gloria Vallese
ELEMENTI DI ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA






a) Iconografia della melanconia


*1. Dürer, Melencolia I, incisione, 1514.


Melencolia I (1514), forse l'opera più nota dell'artista, è una rappresentazione allegorica dai complessi richiami alchemici, ermetici e astrologici. La figura del genio alato con la testa che riposa sulla mano e l’epressione corrucciata allude alla condizione dell'artista, afflitto da "umor malinconico".
Considerata nel Medioevo una condizione senz’altro negativa, connessa al peccato capitale dell’Accidia, nel Rinascimento la melanconia era stata rivalutata e considerata caratteristica del genio, cui conferiva l’impulso a pensieri innovativi e ardimentosi, pur ostacolandone poi in qualche modo il concretamento. Si riteneva infatti che l’umore melanconico esaltasse da un lato le facoltà intellettuali, tendendo però dall’altro a inibire l’impulso all’azione pratica. La figura alata dureriana, frustrata nel suo impulso all’agire, è immersa in uno spazio colmo di oggetti e strumenti, ognuno dei quali si trasforma in un simbolo dai molteplici significati allusivi.

Un fondamentale chiarimento ai contenuti iconologici delle tre più note incisioni di Dürer, in particolare della Melencolia I, è venuto da Raymond Klibansky, Erwin Panofsky, Fritz Saxl, con l’opera Saturno e la melanconia / Studi di storia della filosofia naturale, religione ed arte, ed. it. Torino, Einaudi, 1983.

Questo libro è in effetti divenuto un classico obbligato, non solo per chi si occupa di Dürer e più in generale di iconografia rinascimentale, ma anche come esempio del metodo iconologico. Nata come interpretazione dell’incisione dureriana della Melencolia, l’opera si allargò fino a indagare tutta la tradizione medico-filosofica, letteraria e artistica che l’opera di Dürer presuppone.
Klibansky, Panofsky e Saxl individuano due tradizioni di studi sulla melanconia, una medico-scientifica ed un'altra teologico-metafisica; entrambe avrebbero la loro origine in un celebre passo del Fedro, in cui Platone distingue il «furore divino» dal «furore umano» e patologico, e nella dottrina dei quattro umori e temperamenti. Nel corso del Medioevo, come si è già accennato, la melanconia era stata interpretata principalmente come accidia ed era entrata a far parte dei vizi capitali. A partire dalla metà del Cinquecento la melanconia diventa un soggetto di grande rilevo, come dimostrano l'ampiezza e la trasversalità disciplinare dell'interesse che riscuote. Se proviamo, ad esempio, a scorrere alcuni dei nomi di coloro che scrissero sulla melanconia, vediamo come accanto ai medici abbiano larga parte anche umanisti, teologi e letterati.
I trattati che compaiono fino alla metà del Seicento hanno al centro la questione dell'origine della malattia mentale (se si tratti cioè di un problema fisico o spirituale) e i problemi ad essa connessi, in primo luogo il rapporto tra malattia e peccato, tra umori del corpo e malefici diabolici, tra ragione e passioni. L’inglese Robert Burton nel 1621, nelle pagine di quella che sarebbe diventata la più celebre opera sulla melanconia, The Anatomy of Melancholy, pose fianco a fianco le due tradizioni, quella cioè che considerava la melanconia un disturbo clinico, con precise cause temperamentali e naturali, accanto all’altra, di tradizione più nettamente medievale, che vedeva nella melanconia una forma di possessione diabolica.
Secondo i tre autori, il titolo “Melencolia I” iscritto nel cartiglio sarebbe da riferire in particolare al trattato De Occulta Philosophia” dell’umanista tedesco Cornelio Agrippa di Nettesheim”, l’unico autore coevo a descrivere, sulla scorta delle indicazioni contenute nei trattati dell’italiano Marsilio Ficino, tre gradi della melanconia corrispondente ai tre livelli di una gerarchia ascendente delle facoltà della mente umana (Imaginatio, Ratio, Mens); la stampa di Durer “raffigurando la melancholia imaginativa, rappresenterebbe in realtà il primo grado di un’ascesi che, passando per una “melencolia II (melanchonia rationalis), arriverebbe a una Melencholia III (melancholia mentalis), pag. 328.


Illustrazioni relative ai quattro umori :

Klibansky, Panofsky, Saxl, figg. 79, 88—9, 118, 124-27, 147-48

Accidia:

Klibansky, Panofsky, Saxl, figg. 64, 95, 97, 98, 101

*2. Mestro tardogotico, Acedia.
Venezia, Palazzo Ducale

3. Albrecht Dürer, Donna seduta, 1514. Disegno
Berlino, Kupferstichkabinett

*4. Bosch, I Sette Peccati Capitali, ol./tav., 1490 ca., part.: L’accidia
Madrid, Prado

5. Albrecht Dürer, Il sogno del dottore, incisione.

b) Collera:

*6. Leonardo da Vinci, Foglio di studi per la battaglia di Anghiari, ca. 1503-4
Windsor, RL 12326 r

7. Autore ignoto, Bassorilievo di Scipione, ca. 1475
Parigi, Louvre

*8. Leonardo, Profilo di guerriero, ca 1475
Londra, British Museum


9.Leonardo, Testa d’uomo e testa di leone, ca. 1510 o posteriore
Windsor, RL 12502

*10. Giuseppe Arcimboldi, Il Fuoco , 1566
Vienna, Kunsthistorisches Museum

*11. Albrecht Dürer, ‘L’uomo disperato’ (Incisione B 70), bulino



c) Terapia musicale della melanconia:

Klibansky, Panofsky, Saxl, figg. 63, 67, 71



d) Leonardo, le “Cinque teste grottesche”

*12. Leonardo, “Cinque teste grottesche”, ca. 1494
Windsor, RL 12495 r
Proprio nel periodo in cui si accentuano i suoi studi sulle proporzioni e l’interesse per l’anatomia e la medicina, Leonardo sviluppa un singolare interesse per i volti deformi, studiati i numerosissimi fogli.
Sull’iconografia di questo disegno in particolare, si veda il classico studio di Ernst Gombrich citato in bibliografia. Gombrich fa un dotto e completo resoconto della storia della fortuna critica delle cosiddette “caricature” di Leonardo.
E’ possibile che le quattro teste deformi che attorniano il personaggio centrale siano da interpretare come le quattro degenerazioni patologiche dell’umore melanconico; sotto questo profilo, la composizione presenta analogie iconografiche con l’incisione B.70 di Dürer.








Bibliografia




Su Dürer e Venezia:


B. AJKEMA, B.L. BROWN (a cura di), Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tiziano (cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi, 1999), Milano, Bompiani.

E. PANOFSKY, La vita e l’opera di Albrecht Dürer (1955), trad.it. Milano, Feltrinelli, 1983


Sull’iconografia delle incisioni di Dürer e e sul tema umanistico della melanconia:

R.KLIBANSKY, E.PANOFSKY, F.SAXL, Saturno e la melanconia/Studi di storia della filosofia naturale, religione ed arte, ed. it Torino, Einaudi, 1983.


Sull’iconografia degli umori:

R.KLIBANSKY, E. PANOFSKY, F. SAXL, Saturno e la melanconia/Studi di storia della filosofia naturale, religione ed arte, ed. it Torino, Einaudi, 1983.


Su Giuseppe Arcimboldi:

VV. Effetto Arcimboldo (cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi, 1987), Milano, Gruppo editoriale Fabbri, Bompiani, Etas Sonzogno, 1987

AA.VV, L’arcimboldese, FMR N°48, ,gennaio-febbraio 1987, 25-62

S.FERINO-PAGDEN (a cura di), Arcimboldo artista milanese tra Leonardo e Caravaggio (cat. della mostra a Milano, Palazzo Reale, 2011)


Su Leonardo, le “Cinque teste grottesche”:

E.H.GOMBRICH, Le teste grottesche, in L’eredità di Apelle (1976), trad. it. Torino, Einaudi, 1986, pagg.80-106
F. CAROLI, Leonardo/Studi di fisiognomica, Milano, Edizioni Leonardo, 1990
G. VALLESE, Leonardo’s “Malinchonia”, in “Achademia Leonardi Vinci” vol. V, 1992, pagg. 44-51

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