martedì 19 aprile 2011

Biennio 7: Arte povera, arte ricca: crisi dell' "assenza d'opera"

Accademia di Belle Arti in Venezia
STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA
Docente: Gloria Vallese



Icone dell'arte povera:


a) Igloo di Merz



http://archiviostorico.corriere.it/2003/novembre/10/Foglie_fiori_igloo_Merz_maestro_co_0_031110050.shtml

http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplRubriche/Torino/digito/grubrica.asp?ID_blog=179&ID_articolo=575&ID_sezione=368&sezione=Municipio%20-%20Le%20testimonianze

L'anno chiave 1968, con i suoi tumulti, manifestazioni e scioperi in Italia, Francia e nel mondo, segna l'adozione di quella che sarebbe diventata la firma modulo di Merz – l’ igloo.

Il primo, "Igloo di Giap" (1968) , è accompagnato da una frase scritta al neon dallo stratega militare nordvietnamita, Vo Nguyen Giap: "Se il nemico si concentra perde terreno, se si disperde perde forza".

Altre opere dello stesso anno fanno esplicito riferimento ai moti del maggio 1968.
L'opera “Che fare?” fa eco a un discorso di Lenin dal 1912, mentre “Solidale Solitario” impiega parole che Merz aveva visto scarabocchiate su un muro di Parigi.


Mario Merz è considerato uno degli artisti più importanti d'Italia del dopoguerra.
Emerge partecipando all’ eclettico gruppo dell'Arte Povera alla fine del 1960, che auspicava l'uso di materiali poveri e spesso effimeri.
L’adozione di uno stile-firma, che si manifesta nel suo lavoro coi numeri al neon, con gli igloo e con la seie di Fibonacci, assicura il suo status nel corso dei successivi tre decenni.
È famoso in particolare per la proliferazione dei sui igloo, che hanno colonizzato musei di tutto il mondo. Ma questa ubiquità minaccia di oscurare le origini politiche del tema.
La fusione di cultura scientifica e artistica nell'opera di Merz si può forse far risalire ai suoi genitori. Figlio di un ingegnere e inventore progettista per la Fiat e di una madre che insegnava musica, Merz ha studiato medicina per due anni all'Università di Torino. Durante la seconda guerra mondiale, è stato coinvolto con il gruppo antifascista Giustizia e Libertà (Giustizia e Libertà), il che ha portato al suo arresto e alla detenzione nel 1945.
Dopo il suo rilascio, come risposta alle pressioni del padre che gli intimava di scegliersi una professione, Merz si reca a Parigi e diviene un camionista ai mercati delle Halles. La situazione gli permette di approfondire passato e presente dell’arte, dal Louvre all’Informale - la tendenza artistica dominante in Francia e in Italia durante questo periodo. Dopo il suo ritorno in Italia, e per tutto il 1950, Merz lavora in opposizione, piuttosto che in sintonia, sia nei confronti dell'emozionalità soggettiva dell’ Informale, che del realismo socialista, abbracciato dal suo connazionale comunista Renato Guttuso.
A entrambe queste formule, Merz preferisce immagini eseguite nel modo più impersonale, utilizzando materiali industriali come smalto e vernice spray.

La rottura arriva nel 1966, quando Merz si allontana definitivamente dalla pittura, e inizia a penetrare bottiglie, ombrelli e impermeabili con tubi al neon, sia per infondere in essi energia che per distruggere la loro funzionalità.
L'anno seguente vede il battesimo del movimento di Arte Povera, cui partecipano Merz e sua moglie Marisa, insieme a colleghi come Jannis Kounellis e Michelangelo Pistoletto. In risposta alla commercializzazione e all’ iconismo della Pop Art, e come alleata-rivale del minimalismo americano, Arte Povera emerse negli anni successivi come il primo movimento italiano ad avere un impatto internazionale paragonabile a quello dal Futurismo.




*1. Mario Merz, Igloo con albero, 1969
Tubolare di ferro, vetri, stucco, albero.
Igloo, h 100, diam. 200 cm; albero, h 320 cm
Non firmato, non datato.
Coll. Margherita Stein, in deposito permanente al Museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli, Torino.

2. Mario Merz, Igloo (Tenda di Gheddafi), 1981
Tubolare di ferro, acrilico su tela di iuta, h 240, diam.500 m,
Non firmato, non datato
Museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli, Torino.




"Arte ricca":


Nella sua introduzione all'opera "Art of Not Making" pubblicato da Thames e Hudson, da poco in libreria, Michael Petry dichiara in apertura che il ritorno ad opere che includono materiali ben finiti e implicano abilità artigianale è da tempo uno stato di fatto nell'arte contemporanea, così come è sempre più accettato il fatto che l'artista si avvalga di oggetti e materiali altamente elaborati e di collaborazioni da parte di artigiani specializzati.




* 3. Shirazeh Housiary, Commission for St Martin in the Fields, 2008, vetro trasarente soffiato a mano, struttura di acciaio inossidabile



4. Jan Fabre, Shitting Doves of Peace and Flying Rats, 2008, vetro di Murano, inchiostro BIC.
Parigi, Louvre



*5 Do-Ho Suh, Reflection, 2004, nylon e tondino d'acciaio, dimensioni variabili, ed. di 2.


6. Marya Kazoun, Ignorant Skin, 2005, installazione e performance, filo, stoffa, perle, colla su tela, performers.


7. Gavin Turk, Mappa del mondo, 2008, arazzo in lana, seta e filo metallico, 313 x 200 cm, ed. di 5
Tributo all'artista italiano Alighiero Boetti, che negli anni '70 e '80ha fatto eseguire gruandi tappezzerie di carte geografiche del mondo eseguite da donne afghane.







Bibliografia

Michael Petry, The Art of not Making, Thames & Hudson, 2011

http://www.fadwebsite.com/2011/02/21/michael-petry-answers-fads-questions/

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