domenica 5 maggio 2013

9. ELEMENTI DI ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA L'Epifania di Michelangelo/Realismo ed emblematica nel secolo d'oro dell'arte olandese


a) L'Epifania di Michelangelo





*1. Michelangelo, "Epifania".
Carboncino su carta, 1550–1553, 2.32 x 1.65 m
Londra, British Museum

http://en.wikipedia.org/wiki/Epifania http://www.britishmuseum.org/explore/highlights/highlight_objects/pd/m/michelangelo_buonarroti,_epifa.aspx

Il cartone di Michelangelo al British Museum noto come l’Epifania non è uno dei più amati o riprodotti fra i suoi capolavori.
E’ un’opera dell’artista già molto anziano (la realizzò a 75 anni).
Il linguaggio è quello della Cappella Paolina: figure massicce, di grande impatto monumentale, un racconto spoglio fino ad essere disadorno, come se l’artista non avesse più tempo o interesse per gli orpelli, un tratto che ha perso l’esaltante nerbo di un tempo, è ormai quello spesso e arrotondato, diciamo pure stanco, delle opere estreme.
Il soggetto di quest’opera è tuttora di incerta decifrazione: la figura al centro è certamente la Vergine, con ai piedi il Bambino e San Giovannino; con la sinistra respinge una figura di vecchio (generalmente interpretato come San Giuseppe, il gesto alluderebbe al miracoloso concepimento di Gesù, senza intercorso carnale tra Maria e lo sposo), mentre presta orecchio alla figura di giovane alla sua destra, non identificata.
Non ci sono altri personaggi, in particolare i Magi; è difficile quindi interpretare questa rappresentazione come un’Epifania. Questo titolo in effetti si deve al fatto che l’opera è posta in correlazione con un "cartone dell’Epifania" di cui parla il Vasari nella sua Vita di Michelangelo.
Che cosa rappresenta, dunque, questa scena? Per curioso che possa sembrare, plausibili suggerimenti per una sua possibile interpretazione ci vengono da Leonardo da Vinci.
Com’è noto, pur non essendosi mai trovati in situazioni di diretta concorrenza, i due maggiori geni del Rinascimento italiano si odiavano a vicenda, arrivando alla miseria dell’insulto pubblico. Vasari riferisce di un incontro per le strade di Firenze in cui i due, mentre avrebbero avuto ottime ragioni per sorvolare sull’argomento, si insultano scambiandosi a vicenda davanti a testimoni infamanti accuse di pederastia; episodio che farebbe sorridere se non fosse troppo triste, rivelandoci i due grandi in un momento di umanità assai poco esaltante.
Ma è proprio nella Vergine delle Rocce di Leonardo, o, più precisamente, nel momento fiorentino della lunga gestazione di quest'opera che si nasconde, forse, la possibile chiave per l'interpretazione iconografica di quest'opera di Leonardo.




b) Il realismo nel Rinascimento del Nord: da Bosch a Bruegel


Il gusto per l’allegoria e l’immagine iniziatica che caratterizza il primo Rinascimento italiano ha corrispondenza nell’arte dell’Europa del Nord: Jheronimus Bosch (ca. 1450-1516), il maggior esponente dell’arte olandese fra Quattrocento e Cinquecento, crea come abbiamo visto, a partire da alcuni schemi iconografici tradizionali, principalmente il Giudizio finale e le Tentazioni di Sant’Antonio, composizioni sempre piu’ complesse sul tema del mondo degenerato, caduto in preda al disordine e alla follia, la cui comprensione da un certo momento in poi presuppone nel pubblico la conoscenza delle elaborazioni precedenti.
In un altro versante della sua produzione, tuttavia, forse sul finire della carriera (almeno secondo le più attendibili ricostruzioni, poiché nessuna opera è giunta datata,  e non è stato finora possibile stabilire alcun nesso cronologico sicuro), Bosch lascia da parte l’allegorismo irrealistico esplorare forme espressive più aderenti al vero, nelle quali il significato simbolico va reperito sotto le sembianze della realtà quotidiana.

*2. Bosch, Il Carro di Fieno, ante esterne: Il viandante
Madrid, Prado

*3. Bosch, Il viandante (”Il figliol prodigo”), due particolari.
Rotterdam, Museum Boymans-Van Beuningen

*4. Pieter Bruegel il Vecchio, I ciechi, 1568
tempera su tela cm 85,5 x 154
Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte

L'opera si ispira a un ammonimento evangelico: "Lasciateli, sono ciechi, e guide di ciechi; ma, se un cieco ne guida un altro, tutti e due vanno a finire in un fosso" (Mt 15,14), ma trasformandolo in una tragedia ordinaria, in un angolo della campagna fiamminga.



c) Allegoria ed emblematica nel secolo d'oro dell'arte olandese


In conseguenza della Riforma protestante, che a partire dal 1517 influenzerà largamente la civiltà e i costumi, vengono abolite le immagini sacre nelle chiese dell’Europa del Nord.
 In Germania e nei Paesi Bassi, la produzione pittorica abbandona di conseguenza i temi sacri per oltre un secolo e mezzo,  per praticare i generi del ritratto, della scena urbana, degli interni, della natura morta, del paesaggio.
Questa fiorente produzione, a carattere in apparenza realistico, non spiega il suo intenso fascino e il suo senso di mistero se non si tengono in considerazione le premesse da cui nasce, ovvero che si tratta, in partenza,  di una trasformazione della pittura sacra. “Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc facie ad faciem”, afferma San Paolo, uno degli autori sacri piu’ attentamente considerati dai teologi della Riforma: “Ora vediamo attraverso lo specchio in un enigma, allora (e cioè nella vita eterna) vedremo Dio in volto”.
Rapportato alle arti figurative, questo può significare che il volto di Dio non va raffigurato direttamente poichè è ovunque intorno a noi, nascosto nell’apparenza delle cose, dalle più grandi alle più umili, senza distinzione.

Gli scenari di campagna di Ruysdael, con le sue distese di biade e i modesti casolari, le casette dell’anonima stradina di Vermeer, la vita minuscola di una zolla d’erba, e persino le lische e le bucce rimaste nei piatti alla fine di un banchetto,  diventano perciò misteriose allegorie sacre, delle quali il credente deve saper ritrovare il senso. Molte scene di genere olandesi del Seicento, in apparenza semplici e fedeli trascrizioni di vita quotidiana, contengono spesso nascoste allusioni all'emblematica morale in voga all'epoca e diffusa dalle stampe:


5. Gerard ter Borch, La caccia ai pidocchi (ca. 1623-53), ol./tav. 33,5 x 29 cm.
L'Aja, Mauritshuis

6. Purgat et ornat ("Pulisce ed orna"), emblema, dal libro Sinnepoppen di Romer Visscher (1614)12) Pieter Pietersz, Ritratto di Cornelis Schellinger, 1584, ol./tav., 68 x 51 cm.
L'Aja, Mauritshuis

7. "Elck zjin tjid" ("Ciascuno a suo tempo"), emblema, dal libro Sinnepoppen di Romer Visscher (1614)

*8. Pieter Saenredam, La chiesa di Sant’Odulfo ad Assenfeldt
Amsterdam, Rijksmuseum

*9.  Jan Vermeer, “La stradina”.
Amsterdam, Rijksmuseum

10. Vincent Van Gogh, Il riposo meridiano (da Millet), 1889-90.

olio su tela, 73 x 91 cm


Parigi, Musée d’Orsay


Bibliografia

R. ROMANO - A.TENENTI, Alle origini del mondo moderno (1350-1550) , Ed.it. Milano, Feltrinelli, 1967
G.VALLESE, Il tema della follia nell’arte di Bosch: iconografia e stile, “Paragone/Arte” n° 405, novembre 1983, pagg. 3-49
G.VALLESE, Follia e mondo alla rovescia nel Giardino delle Delizie di Bosch, “Paragone/Arte” n° 447, maggio 1987, pagg. 3-22
B. BROOS, Mauritshuis - Guide to the Royal Cabinet of Paintings, L'Aja, SDU Uitgeverij, 1988
S. SCHAMA, La cultura olandese dell'epoca d'oro, trad.it. Milano, Il Saggiatore, 1988
J.KOLDEWEIJ, P.VANDENBROECK, B. VERMET, Hieronymus Bosch: catalogo completo, trad. it. Rizzoli, 2001 (pubblicato in occasione della mostra a Rotterdam,  2001)
D. W. DRUICK, P. K. ZEGERS, Van Gogh e Gauguin : lo studio del sud, trad. it. Milano, Electa, 2002 (pubbl. in occasione di una mostra tenuta a Chicago nel 2001-2002 e a Amsterdam nel 2002).
G.VALLESE, Van Gogh, Milano, Giorgio Mondadori (alleg. a: “Arte” n° 352, dicembre 2002)

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