venerdì 16 maggio 2014

ELEMENTI DI ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA Bosch e Venezia: i dipinti di Palazzo Grimani e il boschproject.org

Due trittici firmati da Jheronimus Bosch (ca.1450-1516), una Santa Crocifissa e I Santi Eremiti Girolamo, Antonio ed Egidio, e quattro pannelli frammentari con Visioni dell’aldilà,  sono testimoniati ab antiquo al Palazzo Ducale di Venezia. L’intero nucleo è stato trasferito nel 2008 nel riallestito Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, a sottolineare la relazione con il grande collezionista veneziano, il Cardinal Domenico Grimani (1461-1523), che li acquistò forse vivente l’artista, o poco dopo la sua morte. 
Secondo una parte consistente della critica, si tratta di un gruppo stilistico omogeneo, che presenta una stretta contiguità con il Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio di Lisbona, opera nodale della maturità dell’artista. 
Nell’intero corpus di Bosch, nessuna opera è giunta datata, e i dipinti di Venezia non fanno eccezione; ma il nucleo di Palazzo Grimani comprende opere della più alta qualità,  e di esse ben due, i trittici, recano la rara segnatura autografa del pittore brabantino, l’iscrizione “Jheronimus bosch” in grandi minuscole gotiche, nota in originale solo in un piccolo numero di esemplari.
Come sempre nel caso di Bosch, la cronologia è molto controversa, a volte anche apicalmente; ma il gruppo, anche per assonanze con la pittura veneziana e internazionale coeva, sembra da collocarsi qualche anno dopo il 1500, più verosimilmente verso il 1503-5
Di non altrettanta fortuna ha goduto finora, nonostante le sue interessanti prerogative sia formali che iconografiche, la piccola tavola raffigurante Cristo al Limbo conservata al Museo Correr, al momento attribuita ad Anonimo fiammingo del XV secolo, e avvicinabile al momento stilistico dei Sette Peccati Capitali.

Il trittico con la Santa Crocifissa si trovava in Palazzo Ducale già nel 1664, dove è individuato senza possibilità di equivoco da Marco Boschini, che nelle sue Minere della pittura descrive 

Un altro quadro in tre comparti, oue si vede il martirio d’una Santa in Croce, con molte figure, & in particolare uno in terra caduto in suenimēto, sostenuto da diuersi: & è dipinto da Girolamo Basi

Il suo resoconto è ripreso e ampliato nel 1733  dallo Zanetti, che ricorda nello stesso luogo (ovvero nel «Transito, che ci conduce alla Sala dell’Eccelso Conseglio de’ X»),  un trittico con «un San Girolamo, e altri due Santi», a firma di Bosch; egli riferisce peraltro al Civetta «li quattro bislunghi, con bizzarre invenzioni», che oggi ci appaiono tra i più squisiti e originali, pur se frammentari, autografi di Bosch.
La storica collocazione in Palazzo Ducale fa pensare che possa trattarsi di opere provenienti dalla collezione del Cardinal Domenico Grimani, che alla morte, nel 1523, lasciò alla città il suo antiquarium e la sua quadreria perché se ne facesse quello che nel suo progetto doveva divenire il primo museo pubblico d’Europa.
Solo dopo parecchi lustri, peraltro, e per pressante interessamento del nipote, il Cardinal Marino Grimani, i marmi antichi andarono a costituire il notevole antesignano di quello che è oggi il Museo Archeologico Nazionale di Venezia; i quadri invece, fra i quali si annoveravano numerose opere “alla ponentina”, furono depositati in alcune casse a pianterreno in Palazzo Ducale, e ivi, a quanto pare, dimenticati. 
Solo parecchio più tardi, nel 1615, furono rinvenute casualmente «nella camera del Cavaliere del Doge» alcune casse contenenti «diverse pitture antiche di buona ed eccellente mano», che furono allora, per ordine del Consiglio dei X, restaurate e appese alle pareti; lo testimonia un dipinto di Gabriel Bella oggi alla Pinacoteca Querini Stampalia, che mostra una sala in Palazzo Ducale con alle pareti i due trittici.
Se questa storia fa ragionevolmente supporre che i dipinti di Bosch oggi in Palazzo Grimani provengano dal legato del Cardinal Domenico, occorre d’altra parte una certa cautela nell’identificare queste opere con quelle descritte da Marcantonio Michiel nella sua Notizia d’opere d’arte del disegno.
Il Michiel asserisce di aver visto nel 1521, in casa del cardinal Domenico Grimani, «la tela dell’inferno con la gran diversità de’ mostri de Jeronimo Bosch/la tela delli sogni de man de l’istesso…la Fortuna con el ceto che ingiotte Giona».
E’ questa la più antica menzione documentaria di dipinti di Bosch in collezioni veneziane; ma notiamo che il Michiel parla di opere su tela, mentre i dipinti già in Palazzo Ducale sono tutti su tavola. Su tela erano anche gli altri dipinti di Bosch che poco più tardi, nel 1528, Marcantonio vide a casa di Marino Grimani. Poteva forse trattarsi dunque di “beschreve cleeren” o “lienzos”, ovvero di quei dipinti a tempera su tela non preparata, di cui gli antichi inventari spagnoli attribuivano a Bosch un gran numero; erano molto diffusi nella tradizione nordica, ma, a causa dell'elevata deperibilità, sono pervenuti fino a noi solo in rari esemplari. Spesso a soggetto didascalico-morale, molto ricercati ed esportati in varie parti d’Europa, i “beschreve cleeren” oggi perduti potrebbero costituire la spiegazione della comparativa scarsità di opere che è stata osservata nella prima parte della carriera di Bosch.  
Quanto ai soggetti menzionati dal Michiel, se «la tela dell’inferno con la gran varietà de’ mostri» e «la tela delli sogni» possono dubitativamente evocare i dipinti frammentari oggi a Palazzo Grimani, i due trittici non vengono menzionati, a meno di non voler forzare al punto da identificare la nostra Santa crocifissa con la «Santa Caterina sulla ruota nel paesaggio» vista dal Michiel in casa Grimani e da lui attribuita al Patinier; né sussiste, tra le opere pervenute, una “Fortuna” (cioè una tempesta di mare), con la balena (“ceto”) che inghiotte Giona. 
Il cardinal Domenico Grimani, committente del bellissimo breviario fiammingo miniato che è oggi una delle gemme della Libreria Marciana, è noto per la straordinaria apertura di gusto che lo rendeva avido collezionista sia di reperti classici, che di pittura contemporanea sia italiana che “ponentina”.  Egli può dunque ben essere stato il primo proprietario dei dipinti oggi in Palazzo Grimani e di altre opere di Bosch, sparse nelle sue diverse residenze in città e nell'entroterra, senza che questo ci obblighi a interpretazioni forzate di descrizioni che non sembrano corrispondere. 
Opere di Bosch, in ogni caso, sono all'origine di echi e citazioni molto precoci nell’arte italiana, e di alcune mode figurative, tra cui quella dei «paesi da fogo, che par che abbruscino le mani approsimandosi per tocargli», ovvero le scene con alberi ed edifici resi incandescenti da incendi notturni di cui si fa menzione negli antichi inventari; quelli di Ferdinando Gonzaga Duca di Mantova annoverano ben venti opere di questo genere, comprate tutte in una sola volta. 
Quanto al complesso tema della versione a “grandi teste” di scene della vita di Cristo, che in uno stesso torno d’anni, poco dopo il 1500, coinvolge Leonardo, Dürer, Bosch, Giorgione e numerosi artisti della scuola veneziana in una complessa rete di echi e rimandi, si tratta di un fenomeno singolare e rilevante, ma impossibile anche solo da riassumere nei limiti del presente articolo.

I dipinti di Jheronimus Bosch già in Palazzo Ducale sono in condizioni non ottimali, danneggiati dal fuoco di un antico incendio (possibilmente quello che distrusse gran parte del Palazzo nel 1575).  Un’antica parchettatura ha obliterato per sempre il lato esterno dei due trittici. Le quattro ante raffiguranti scene paradisiache e infernali dal 2008 a Palazzo Grimani sono frammenti di perduti insiemi, e si presentano accorciate in alto e in basso
Il trittico della Santa Crocifissa (l’identificazione del personaggio permane incerta), mostra inoltre di essere stato rimaneggiato in antico dallo stesso Bosch, che per qualche ragione cancellò due figure maschili di committenti raffigurati sulle ante laterali (tornate però visibili grazie ai raggi x), ridipingendole rispettivamente con due figure di persecutori che deridono la martire e con una Tentazione di Sant’Antonio. 
Secondo Leonard Slatkes (1975), questi committenti indossano vesti italiane; egli osservò inoltre che, fra le martiri che subirono la crocifissione, vi è una Santa Giulia di Corsica particolarmente venerata a Brescia, città dell’entroterra veneziano.  La sua conseguente ipotesi di un viaggio di Bosch al di qua delle Alpi poco dopo il 1500, pur non comprovata da fonti documentarie, è oggi ritenuta verosimile da una parte consistente della critica, e anzi ha guadagnato sempre più credito negli anni recenti, anche a seguito degli approfondimenti biografici e dalle revisioni di dati sviluppatesi a partire dalla mostra di Rotterdam e dal convegno di ’s-Hertogenbosch del 2001.
Un’indizio di connessione con l’ambito veneziano, importante anche se spesso sorvolato dalla letteratura successiva, è stato messo in luce nel 1977 da Phillis Williams Lehmann. La studiosa statunitense notò che la giraffa dai tratti singolari raffigurata nel pannello di sinistra del Giardino delle Delizie di Bosch, con le sue proporzioni minute e le corna che terminano in un grosso pomello, deriva da un taccuino di appunti del viaggiatore Ciriaco d’Ancona, corredato da preziosi disegni di rari animali esotici, che circolava manoscritto nella bottega dei Bellini a Venezia.

Difficile pensare dove, se non a Venezia e per accesso diretto, Bosch avrebbe potuto trascrivere questa particolare rappresentazione del raro animale.

Nuove immagini riflettoscopiche ad alta definizione, rese disponibili dal boschproject.org diretto da Mattijs Islink, aprono nuove prospettive per lo studio di questo importante nucleo di opere. 


*1. Jheronimus Bosch, Santa crocifissa, trittico
Olio su tavola
Firmato nel pannello centrale Jheronimus Bosch” 
Venezia, Palazzo Grimani

*2. Jheronimus Bosch, I Tre Eremiti Antonio, Gerolamo ed Egidio, trittico, part. del pannello sinistro
Firmato nel pannello centrale Jheronimus Bosch” 
Venezia, Palazzo Grimani

*3., Jheronimus Bosch, Visioni dell'aldilà
Quattro pannelli da un perduto insieme
Venezia, Palazzo Grimani 




Bibliografia:

www.boschproject.org

E.H. Gombrich, Le origini del paesaggio, in Norma e Forma/Studi sull’arte del Rinascimento (1966), trad.it. Torino, Einaudi, 1973, pp. 156-177

M. Cinotti-D.Buzzati, L’ opera completa di Bosch, Milano, Rizzoli, 1966, p. 83
L. Slatkes, Hieronymus Bosch and Italy, in «Art Bulletin», LVII, 1975, pp. 335-345
Ph. Williams Lehmann, Cyriacus of Ancona’s Egyptian Visit and its Reflections in Gentile Bellini and Hieronymus Bosch, Locust Valley, N.Y., J.J. Augustin, 1977
V. Sgarbi  (a cura di),  Bosch a Palazzo Grimani, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Grimani, dicembre 2010 - marzo 2011), Milano, Skira, 2010 
U. Franzoi, C. Limentani et al., Le Delizie dell’Inferno/Dipinti di Bosch e altri fiamminghi restaurati, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Ducale, maggio - agosto 1992),  Venezia, Il Cardo, 1992, Nr.1, 2, 3
B. Aikema e B. L. Brown (a cura di) Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tiziano, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Grassi, settembre 1999 - gennaio 2000),  Milano, Bompiani, 1999, in part. schede Nr.114 e 138-142

F. Elsig, Jheronimus Bosch: la question de la chronologie, Genéve, Librairie Droz, 2004, p. 52 sgg.

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