domenica 25 marzo 2012

3. ELEMENTI DI ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA/La nuda nel paesaggio

Venezia 1506: la Nuda nel paesaggio/ Bosch nelle collezioni veneziane del primo Cinquecento/Dipinti a grandi teste
 

a) La nuda nel paesaggio


*1. Giulio Campagnola, Ninfa dormiente, incisione.
Venezia, Fondo storico dell’Accademia di Belle Arti

Questo foglio è degno di nota non solo per la tecnica inconsueta del “bulino puntinato”, introdotta da questo incisore vicino all’ambito giorgionesco per ottenere un effetto più atmosferico e sfumato, ma anche per la sua singolare iconografia.
La ninfa dormiente volta di spalle, sola nel paesaggio, viene posta in relazione con una possibile invenzione di Giorgione, attestata dalle fonti: secondo Marcantonio Michiel, in casa di Pietro Bembo a Padova si trovava la miniatura su pergamena di una “nuda tratta da Zorzi, stesa e volta” (Zorzi = Giorgio, cioè Giorgione; vedi scheda 138 nel catalogo Rinascimento a Venezia, elencato in bibliografia).
Fra le opere oggi note del maestro di Castelfranco, la cosiddetta “Venere” del museo di Dresda ci presenta una nuda che dorme castamente in un paesaggio. Da osservare che mancano in quest’immagine gli attributi tradizionali di Venere (coppia di conigli o di colombe, simbolo di fertilità e di lascivia, o il piccolo Cupido), anzi, presso la figura, si osserva un ceppo reciso, possibile elemento allusivo alla sterilità.
Un elemento innovativo è che, in entrambe le immagini, la nuda nel paesaggio è sola: mancano i Satiri che nelle rappresentazioni classiche, e anche in una nota silografia dell’Hypneromachia Poliphili, ne spiano il sonno.

*2. Giorgione, Nuda in un paesaggio (“Venere dormiente”)
Dresda, Gemäldegalerie

*3. Tiziano, “Venere di Urbino”, olio su tela, cm 119 x 165 , 1538
Firenze, Uffizi

Eseguita su commissione di Guidobaldo Della Rovere, futuro duca di Urbino, il quale nel marzo del 1538 ingiungeva l suo incaricato a Venezia di non ritornare a Urbino senza “la donna nuda”.
Per la prima volta nella storia della pittura occidentale la “Venere” è una donna reale, ambientata in una stanza da letto veneziana nella quale si osserva il dettaglio di due cameriere (una delle quali inginocchiata di spalle, intenta a frugare in un cassone) che preparano i suoi abiti.
Con gli occhi bene aperti e fissi su chi guarda, questa maliziosa ragazza forma un netto contrasto con la sognante e incolpevole sensualità della figura di Giorgione.

4. Lucas Cranach, La ninfa della fonte.
Berlino-Brandenburg, Stiftung Preussische Schlösser und Gärten

Lucas Cranach eseguì numerose repliche e varianti di questa composizione, che ebbe a quanto pare grande successo.
Il titolo del dipinto deriva dall’iscrizione in alto a sinistra (“Sono la ninfa della sorgente sacra, non disturbate il mio sonno: sto riposando”), forma abbreviata di una poesia pseudo-classica della fine del XV secolo, che si diceva rinvenuta presso la statua dormiente di una ninfa in un’imprecisata località presso il Danubio).
Nonostante la diversità stilistica, quest’immagine di Cranach presenta punti di contatto con l’iconografia adottata da Giorgione: il sonno della fanciulla e le caviglie intrecciate sono simboli di verginità e di purezza, che l’iscrizione esorta a non contaminare.

*5. Marcantonio Raimondi, “Il sogno di Raffaello”, ca. 1508. Incisione a bulino
Sull’iconografia di questa enigmatica immagine, forse da porre in relazione con le “nude” di Giorgione e del Campagnola, si veda Il Rinascimento a Venezia, scheda N° 114

Per confronto, aggiungiamo ancora due celebri ninfe del Rinascimento:

*6. Benvenuto Cellini, Ninfa di Fontainebleau. Bronzo, base cm 109
Parigi, Museo del Louvre

Prima del Perseo e del Narciso, la prima grande scultura eseguita dal Cellini é questa Diana cacciatrice per il castello di caccia di Francesco I, in Francia, nel 1543-44. Col suo elegante allungamento delle proporzioni in gusto neo-gotico, quest’opera fu esemplare per la Scuola di Fontainebleau.

*7. Rosso Fiorentino, Ninfa delle acque, 1522-40, affresco
Castello di Fontainebleau, Galleria di Francesco I



Bibliografia

Oltre alle opere citate nel testo, si vedano:
AA.VV. Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tiziano (cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi), Milano, Bompiani, 1999, in part. le schede n°114,138-142)
C.Cagli - F.Valcanover, L’opera completa di Tiziano, Milano, Rizzoli (“Classici dell’Arte”, N°32), 1969
http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp?position=1&nctn=00131831&rvel=null
http://www.wga.hu/index1.html
E. M. Dal Pozzolo, A. Paolucci, L. Puppi, Giorgione (cat. della mostra a Castelfranco Veneto, Museo Casa Giorgione), Milano Skira, 2009-10, in particolare le schede 70, 72


b)  Bosch nelle collezioni veneziane del primo ‘500
 
 
 
Le quattro opere di Bosch attualmente presenti a Venezia, Palazzo Ducale (Ttittico degli Eremiti e Trittico di una martire Crocifissa, firmati, piu’ quattro pannelli frammentari con scene del Paradiso e dell’Inferno), si trovavano a Venezia gia’ agli inizi del Cinquecento; nel 1521, Marcantonio Michiel vide nella collezione del Cardinal Domenico Grimani, insieme a numerosi altri dipinti di maestri “ponentini” (ovverossia nordici), diverse opere di Bosch.  La sua descrizione e’ peraltro vaga e imprecisa (“la tela dell’inferno…la tela delli sogni”), e solo la storia esterna dei dipinti della Collezione Grimani, che finirono dopo varie vicissitudini ereditarie in Palazzo Ducale, permette di collegare le opere di Bosch che ivi si trovano attualmente (che peraltro sono tavole, e non tele), al riferimento del Michiel.
Le opere veneziane di Bosch sono state recentemente (2011) esposte Palazzo Grimani, che fu probabilmente la loro collocazione originaria; erano infatti nella collezione di Domenico Grimani quando le vide Marcantonio Michiel nel 1521, negli anni in cui perlustrava palazzi e collezioni scoprendo quadri sulla collocazione dei quali ci dà preziose indicazioni. Scrivendo nel 1525, Michiel è quasi un testimone diretto, e i quadri più notevoli che vede sono proprio quelli, divenuti già già preziosi e rari al suo tempo, di Giorgione e Bosch.
Si tratta di veri e propri incunabili dell’arte moderna, e per di più concepiti negli stessi anni, tra il 1500 e il 1510, in quel decennio in cui si compie una vera e propria rivoluzione pittorica attraverso la visione dei due grandi artisti.

La presenza di mostriciattoli fantastici nella stampa del Raimondi e in altre opere veneziane e ferraresi del primo Cinquecento viene spesso, superficialmente,  messa in relazione con questi dipinti di Bosch.
A un esame piu’ attento, si nota tuttavia che la tipologia delle creature fantastiche di Raimondi, Campagnola e Dossi nelle opere viste fin qui ha diretti precedenti non in Bosch,  ma nelle ben piu’ note e diffuse stampe tedesche di Cranach e Schongauer sul tema delle Tentazioni di Sant’Antonio. Di sicura derivazione boschiana e’ invece il tema dell’incendio notturno,  che a partire dal primo decennio del ‘500 conosce una straordinaria fortuna nella pittura veneta, lombarda e ferrarese.
Questi “paesi da fogo” italiani si diffondono in rapporto a temi come gli Inferni e le Tentazioni di Sant’Antonio (come nel bresciano Savoldo, che produce alcuni dipinti  “boschiani“ di intensa suggestione),  o vengono ricondotti a temi classici o biblici piu’ vicini al gusto italiano, come ad esempio l’incendio di Troia,  la distruzione di Sodoma,  Lot e le figlie.

http://www.ilgiornale.it/cultura/mostra_venezia/30-12-2010/articolo-id=496721-page=0-comments=1


 
 
*8., 9.  Jheronimus Bosch, Visioni dell’Aldila’ ol./tav. cm 84,5 x 108
Venezia, Palazzo Ducale
 
10. Lucas Cranach il Vecchio, Tentazioni di Sant’Antonio, xilografia, secondo stato, f..e d. 1506 in basso a sinistra.
 
11.  Jheronimus Bosch, Tentazioni di Sant’Antonio, tavola
Lisbona, Museu de Arte Antigua

Gian Girolamo Savoldo, Le tentazioni di Sant’Antonio, ol./tav. cm58 x 86. Mosca, Museo Pushkin.

http://it.wikipedia.org/wiki/Tentazione_di_san_Girolamo

http://it.wikipedia.org/wiki/Tormento_di_sant%27Antonio_(Savoldo)


 
 
 
 
    
Bibliografia
 
AA.VV., Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tiziano, a cura di B. Ajkema e B.L. Brown (Cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi, 1999), Milano, Bompiani.
Ernst H. Gombrich, La teoria dell’arte nel Rinascimento e l’origine del paesaggio, in Norma e forma/Studi sull’arte del Rinascimento,  1966, trad. it. Torino, Einaudi.
AA.VV., Le delizie dell’Inferno/Dipinti di Jheronimus Bosch e altri dipinti restaurati (Cat. della mostra a Venezia, Palazzo Ducale, 1992), Venezia, Il Cardo.
V. Sgarbi (a cura di), Bosch a Palazzo Grimani (cat. della mostra, Venezia, Palazzo grimani a Santa Maria Formosa) Milano, Skira, 2011.

 
Per gli autori gia’ trattati, vedere le dispense precedenti.
 
 
c) Dürer, Gesù tra i Dottori
 
 Nella storia dell’arte italiana, il formato a mezza figura per soggetti a  carattere sacro viene usato per la prima volta dal Mantegna, e grazie a lui si diffonde nella sua cerchia veneziana, Giovanni Bellini (Presentazione di Gesù al tempio, Venezia, Fondazione Querini Stampalia), Cima da Conegliano ecc. Ma iconografie simili si osservano in opere di Leonardo, Bosch e Giorgione.
 

Tra il 1505 e il 1507  Dürer tornò in Italia. A Venezia conobbe Giovanni Bellini e ottenne l'importante commissione di dipingere la Festa del Rosario (1506, Praga, Galleria Nazionale), per il Fondaco dei Tedeschi.
Allo stesso periodo risale anche il misterioso Opus Quinque Dierum:
 
*12. Albrecht Dürer, Gesù tra i dottori, 1506. Olio su tavola 64, 3 x 80, 3 (Monogrammato e datato nel foglietto inserito nel libro)
Madrid, MuseoThyssen-Bornemisza, inv.1934.38
 
Opera eseguita “alla prima”, con tecnica quindi ben diversa dall’altra opera veneziana certa, la Pala del Rosario per la chiesa di San Bartolomeo, oggi a Praga, che fu invece eseguita minuziosamente con tecnica tradizionale.
 
 
Si  rimanda per la bibliografia , nel già ricordato   Il Rinascimento  a Venezia  e la pittura  del  Nord  ai  tempi di Bellini , Dürer, Tiziano (cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi, 1999, vedere bibliografia) , al saggio di Fritz Koreny dal titolo Dürer e Venezia  e le schede  relative.
 
*13. Andrea Mantegna,   Adorazione dei Magi, tempera a colla su lino 54,7 x 70,7 cm
Los Angeles, Paul Getty Museum
 


 
 
Bibliografia                                                                        

Grandi teste.
Oltre al saggio citato di Fritz Koreny, si vedano:
E. H. GOMBRICH, Le teste grottesche, in L’eredità di Apelle (1976), trad. it. Torino, Einaudi, 1986, pagg.80-106
F. CAROLI, Leonardo/Studi di fisiognomica, Milano, Edizioni Leonardo, 1990
G. VALLESE, Leonardo’s “Malinchonia”, in “Achademia Leonardi Vinci” vol. V, 1992, pagg. 44-51

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