lunedì 23 maggio 2011

Triennio 12. Net art: Äda'web /Jenny Holzer/Muntadas. Videocamere di sicurezza: Julia Scher/Jonas Dahlberg. Mark Wallinger alla 49.a Biennale


Nata nel 1994 dall'iniziativa di un imprenditore (John Borthwick) e di un giovane curatore (Benjamin Weil), Äda'web si è assunta il difficile compito di mediare tra i due mondi quello dell’arte e della tecnologia, e l'ha fatto attirando in rete artisti il cui lavoro si era già conquistato un ruolo nella storia dell'arte contemporanea, come Jenny Holzer e Antonio Muntadas. In questo modo, ha accelerato i tempi di un riconoscimento istituzionale della net art.
Il valore del lavoro svolto da Äda'web è stato sancito dal fatto che, al momento della sua chiusura, il progetto ha fatto il suo ingresso nelle collezioni del Walker Art Center di Minneapolis. 


Nel 2003, per una serie di motivi molto diversi (l'indebolirsi del mito della rete, la crisi economica mondiale, forse una persistente sottovalutazione del settore new media), molti musei americani hanno ridotto al minimo il loro impegno in questo settore:

“fino al caso clamoroso del Walker Art Center, che ha interrotto le attività della Gallery 9, licenziando in tronco Steve Dietz, curatore della sezione new media e promotore di quella straordinaria fase che ha avuto nell'acquisizione di Äda'web il suo momento centrale. E questo senza che altre istituzioni intervenissero a raccoglierne il testimone”.

(Domenico Quaranta, NET ART 1994 - 1998. La vicenda di Äda'web, Vita & Pensiero, collana "Strumenti", Milano, marzo 2004).

http://www.domenicoquaranta.net/thebook.html

I motivi per cui la Net Art non ha mai veramente decollato e l’interesse dei musei e delle grandi rassegne sembra decrescere anziché aumentare, possono essere diversi. Le gallerie, da sempre più interessate ad opere fisicamente presenti, numerabili e commerciabili, non sembrano interessate a questo settore. Il pubblico, dal canto suo, frequenta la rete in modo sempre più entusiastico, sia per lavoro che per divertimento (basti pensare al’immenso fatturato dell’industria dei videogiochi online). A fronte del dilagare dell’uso di internet, la net art sembra obiettivamente in uno stato singolare di declino o di assenza.
Tramite, gli archivi di Äda'web, avviciniamo alcune opere di net art, per renderci conto meglio delle potenzialità (e degli eventuali limiti) del mezzo.


*1. Jenny Holzer, Please Change Beliefs, progetto di net art, 1995
http://adaweb.walkerart.org/project/holzer/cgi/pcb.cgi



Tra gli artisti che hanno cooperato con Äda'web, Jenny Holzer ha prodotto uno dei più coerenti e significativi: in linea con quella che è da sempre il suo lavor di public art volto a mettere in connessione il pubblico con il senso delle parole che quotidianamente usiamo.

Please Change Beliefs è basato sui “truisms” (dall’inglese “true”, vero): frasi il cui contenuto sembra plausibile, ma delle quali sembra vero anche l’esatto contrario. Per esempio “Mangiare troppo è criminale”/“Mangiare troppo poco è criminale”; “Tutti gli uomini sono innocenti”, “Nessun uomo è innocente”. L’utente può intervenire nell’opera attraverso internet, cambiando uno o più “truisms” nel suo apparente opposto, senza che l’insieme di queste frasi sentenziose sembri perdere la sua autorevolezza.




2. Julia Scher, Security Land, 1995, progetto di net art.
http://www.adaweb.com/project/secure/corridor/sec1.html



Con queste opere, la Scher ha contribuito a lanciare un filone, in seguito abbracciato da diversi artisti, come Jonas Dahlberg e Ann-Sofi Siden.
Dopo aver realizzato le sue prime opere interagendo con le videocamere di sorveglianza situate nel college universitario nel quale studiava, la Scher è diventata animatrice dei Surveillance Camera Players, un collettivo di performers che dal 1996 interagisce con le videocamere di sorveglianza collocate negli spazi pubblici.

Sul suo coinvolgimento con l’arte in rete, vedere l’intervista:
http://rhizome.org/discuss/view/29746/#2772





Tra gli artisti di net art, Antonio Muntadas (Barcellona 1942) è l’unico che ha “bucato” il ghetto degli spazi riservati e delle manifestazioni specializzate per entrare nel circolo delle grandi manifestazioni d’arte come la Biennale di Venezia e Documenta. La sua notorietà si lega in particolare a due opere: The File Room, database online dedicato alla censura nel mondo, e On Translation, complesso progetto che esamina problemi e limiti della comunicazione umana, fra nuove tecnologie e limiti dei vecchi linguaggi.



3. Antonio Muntadas, The Board Room, 1987, installazione.


4. Antonio Muntadas, Words: The Press Conference Room, installazione, 1991

*5. Antonio Muntadas, The File Room, progetto di net art, 1994-95
http://www.thefileroom.org/

*6. Antonio Muntadas, On translation, ciclo di installzioni e progetto di net art, 1996-2006
http://adaweb.walkerart.org/influx/muntadas/



Un esuriente resoconto in lingua italiana della sua carriera è offerto dallo stesso Muntadas in questa intervista:

http://www.undo.net/cgi-bin/openframe.pl?x=/Pinto/muntadas.htm



Lo svedese Jonas Dahlberg è soprattutto noto per due opere video estremamente suggestive, create realizzando modellini architettonici entro i queli una videocamenra viene succesivamente fatta scorrere su binari.
Il risultato è estremamente suggestivo: l’occhio della telecamera scorre con una regolarità innaturale attraverso una sequenza di stanze vuote, simili in apparenza ai corridoi deserti di un albergo, con un effetto che è estremamente ricco di suspense, vagamente associabile, attraverso il bianco e nero, a scene e atmosfere di vecchi film.



*7. Jonas Dahlberg, Horizontal Sliding, 2000, videoinstallazione

8. Jonas Dahlberg, Vertical Sliding, 

2001.
Opera presentata fra l’altro alla Biennale di Venezia nel 2003.


Nell’opera:


*9. Safe Zones N°9, 2004

l’intervento consisteva nell’apparente collocazione di videocamere di sorveglianza nei bagni, che realtà sono soltanto riprodotti in modellini e poi filmati; l’operazione mira a far riflettere sulle nostre attese riguardo alle videocamere di sorveglianza e sulle nostre sensazioni riguardo all’essere osservati/spiati.



Bibliografia:



Oltre alle opere già indicate nel testo, si veda:


http://en.wikipedia.org/wiki/Jenny_Holzer

http://www.wikiartpedia.org/index.php?title=Muntadas_Antonio
http://web.mit.edu/vap/people/faculty/faculty_muntadas.html

http://www.jonasdahlberg.com/

http://www.jonasdahlberg.com/

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