mercoledì 3 marzo 2010

Biennio 2. Iconografie del contemporaneo: Michal Rovner o l’identità negata

Docente: Gloria Vallese
Accademia di Belle Arti in Venezia
STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA


a) Iconografia della vita quotidiana


1. The CSI Tour, video (CBS/Alliance Atlantis, 2002-03)

In questa featurette inclusa nella raccolta relativa alla seconda stagione, Richard Berg, scenografo del serial televisivo CSI, presenta gli ambienti della stazione di polizia.


2. Sedia Navy:

http://www.jointmilano.com/aanuovodreamweaver/emeco.htm

http://images.google.it/imgres?imgurl=http://modernclassicsdirect.co.uk/images/T/EmecoArmChair.gif&imgrefurl=http://www.modernclassicsdirect.co.uk/home.php%3Fcat%3D21&usg=__PW_11GaU0w1BgL9Upgh66xIAlDE=&h=300&w=400&sz=25&hl=it&start=14&sig2=dex92LAK7hOlP6KqdIYjDA&um=1&itbs=1&tbnid=1wL4GczQVRG32M:&tbnh=93&tbnw=124&prev=/images%3Fq%3DEmeco%2Bnavy%2Bchair%26um%3D1%26hl%3Dit%26client%3Dsafari%26sa%3DG%26rls%3Den%26tbs%3Disch:1&ei=wb6HS4qeF5yRsgax8u2iDw

http://en.wikipedia.org/wiki/Emeco_1006


3. Lampada Poul Henningsen:

http://it.wikipedia.org/wiki/Poul_Henningsen

http://images.google.it/imgres?imgurl=http://www.dorotheum.com/fileadmin/user_upload/lots_images/40D90514/140_29259_2.jpg&imgrefurl=http://www.dorotheum.com/it/auktion-detail/auktion_design/lot_142-ph-32-tischlampe-entwurf-poul-henningsen-1926-fuer-louis.html&usg=__LCuW0XYOndalIvFvXT8nw4QtcWk=&h=400&w=364&sz=50&hl=it&start=5&sig2=N7GTNIfIJ2Br21QBZqTVwA&um=1&itbs=1&tbnid=tUdpdUSsNa6sMM:&tbnh=124&tbnw=113&prev=/images%3Fq%3Dlampada%2Bhenningsen%26um%3D1%26hl%3Dit%26client%3Dsafari%26sa%3DN%26rls%3Den%26tbs%3Disch:1&ei=t72HS4fPFcqgsAbBv6WaDw


4. Finestre di edificio industriale:

http://www.reuther.wayne.edu/pic/sitdown/passfood.gif





b) Iconografie del contemporaneo: Michal Rovner o l’identità negata


Michal Rovner gioca con l’iconografia in modo molto sottile, magistrale. Le sue immagini sono concepite in modo da creare da un lato un preciso riferimento visivo a repertori d’immagini ben noti (soldati contemporanei nel deserto, reclusi in un campo di prigionia), ma escludendo nello stesso tempo gli elementi che potrebbero precisare l’identificazione, impedendoci di riferire l’immagine a un luogo o a un momento ben definiti nel tempo.
Nata in Israele nel 1957, Rovner ha studiato cinema, televisione e filosofia all’università di Tel Aviv e si è laureata in arti visive all’Accademia Bezalel. Nel 1978, ha fondato insieme al suo fidanzato la Camera Obscura Art Scool a Tel Aviv per studi nel campo del cinema, del video e della computer art. Per parecchi anni ha sviluppato la ricerca artistica a margine della sua attività di fotogiornalista e fotografa pubblicitaria; ma alla fine degli anni ’90, con opere come Overhanging (1999) la sua poetica visiva, basata su un raffinato uso dell’immagine sfocata, ambigua, e dei contrassegni iconografici, comincia a prendere dei connotati precisi.
Concepita in un periodo in cui l’artista si era trasferita da poco da Israele a New York e seguiva in televisione i resoconti della guerra del Golfo, Overhanging ha per tema l’ambivalenza dell’immagine e il dubbio margine di verità che hanno i resoconti televisivi in generale.
Su una serie di venti schermi, posti su due file affrontate, Rovner fa scorrere le immagini di due distinte situazioni: una tempesta di neve a New York e una di sabbia nel deserto di Israele, entrambe filmate non direttamente, ma davanti allo schermo del televisore. Le due serie contrappongono, fino a confonderli e a renderli identici, gruppi di figure in difficoltà, resi indistinti dalle condizioni atmosferiche, anonime immagini di esseri umani in lotta e in pena.

* 5. Michal Rovner, Overhanging, videoinstallazione, 1999

Proprio su quest’opera, esposta nella prima importante restrospettiva di metà carriera della Rovner, al Whitney Museum nel 2002, si appuntarono delle critiche: le sue figure di soldati nel deserto, volutamente indistinte, cancellavano i contrassegni di nazionalità non permettendoci di capire se quelle figure in lotta erano “i nostri” o gli altri, quelli da amare da amare o quelli da odiare.
Chiamata a rappresentare Israele alla Biennale di Venezia del 2003, con la sua monografica Against order? Against disorder? Rovner alzò il tiro, chiarendo coraggiosamente che quella era esattamente la sua intenzione: con un memorabile gruppo di opere nuove, tematicamente collegate tra loro, mostrò immagini riferibili a campi di prigionia, allo sterminio, all’olocausto, ma rimuovendo ancora una volta i contrassegni che avrebbero potuto ancorare quelle immagini a un momento storico preciso e ben individuato. In tal modo, le immagini alludono non alle sofferenze di un popolo particolare in un determinato momento storico, ma a qualcosa di più inatteso, e se possibile, ancora più inquietante: al mostro dell’oppressione, sempre in agguato, non confinato in modo rassicurante nel passato, ma vivo e temibile oggi come un tempo, forse attivo ancora, in qualche luogo, nel tempo presente.
Il video all’ingresso del padiglione, che annunciava il tema dell’intera mostra, faceva soffermare il pubblico a lungo. Mostrava un gruppo d’uomini che camminavano in circolo, come nei luoghi di prigionia di ogni tempo.
Lo sfondo, di un bianco abbacinato, poteva sembrare di neve, e qualcosa nel taglio dei lunghi pastrani di quelle figure sfocate e indefinite poteva ricordare gli anni ’30 o ’40, ma solo molto vagamente. Ed erano poi veramente prigionieri? Non c’erano sorveglianti in vista, e ogni tanto qualche figura si staccava dal circolo e si allontanava, mentre gli altri continuavano il loro monotono percorso in cerchio. Appesi alle altre pareti della sala, alcuni still da video mostravano lo stesso cerchio di figure ripreso dall’alto.

*6. Michal Rovner, More, video, 2003
http://www.youtube.com/watch?v=N0Ed0GgPkX8&feature=related

*7. Vincent Van Gogh, La ronde des Prisonniers, 1899. Mosca, Museo Pushkin
http://www.artdreamguide.com/_arti/van-gogh/_opus/623.htm


Al piano di sopra, il visitatore trovava la vera, forte sorpresa: dei tavoli in penombra, su cui erano disposti dei contenitori circolari in vetro simili alle capsule da coltura usate nei laboratori. All’interno delle capsule, file di minusoli uomini ripresi dall’alto formavano gli strani cerchi, le spirali, le catenelle che abbiamo visto molte volte annodarsi e snodarsi nei documentari scientifici che mostrano la vita dei microrganismi.
Quest’opera, Data Zone, era un vero choc: esseri umani come batteri? Messi da qualcuno a quest’abissale distanza visuale che li rende esseri minuscoli, insignificanti, usabili per gli esperimenti?
Sul fondo delle capsule, gli omini minuscoli come batteri continuavano a comporre e scomporre le loro indecifrabili figure.
Ora noi sappiamo che questo è realmente accaduto, che in uno dei momenti più scuri del XX secolo e dell’intera storia umana qualcuno ha davvero trattato altri uomini in questo modo, li ha distanziati a una profondità abissale, li ha visti come esseri infimi, li ha usati per esperimenti. Ma questa installazione video di Michal Rovner, non mostrando alcun connotato d’epoca e di luogo, lascia adito a dubbi: chi mette sotto il microscopio chi? Chi è l’oppressore e chi è l’oppresso in questo momento, nelle guerre del presente?
Nell’installazione della stanza successiva, Time Left , le pareti erano interamente ricoperte da file orizzontali sovrapposte di minuscoli omini che marciavano verso una meta indefinita, ordinati e indecifrabili. Con una eccezionale economia di mezzi, Rovner riusciva a suscitare un grande senso di mistero.

*8. Michal Rovner, Data Zone, videoinstallazione, 2003

http://www.youtube.com/watch?v=lXX9xrDJt-8&feature=related

9. Michal Rovner, Time Left, videoinstallazione, 2003

http://images.google.it/imgres?imgurl=http://www.artnet.com/magazine/features/rush/Images/rush7-9-3s.jpg&imgrefurl=http://www.artnet.com/magazine/features/rush/rush7-9-03.asp&usg=__j4M6-Q0Mbzp4w5fQd3YiLNu6IV0=&h=116&w=175&sz=7&hl=it&start=25&sig2=gNRqyIal_ZkLr5F5bqIELg&um=1&itbs=1&tbnid=2uJBR_hopnLEvM:&tbnh=66&tbnw=100&prev=/images%3Fq%3Drovner%2Bisraeli%2Bpavillion%26start%3D18%26um%3D1%26hl%3Dit%26client%3Dsafari%26sa%3DN%26rls%3Den%26ndsp%3D18%26tbs%3Disch:1&ei=hdeHS8jqAsOhsAbRo5CaDw


In opere successive, l’allusione al cammino dell’uomo nel mondo come un’arcana scrittura si precisa: nella serie Stones, Rovner presenta in bacheche di vetro, simili a quelle dei musei, delle pietre su cui gli omini in fila si muovono scorrendo e appaiono simili ai segni di una misteriosa, indecifrata scrittura.

Altre opere:

*10. Michal Rovner, In Stone.

www.pacewildenstein.com
http://www.youtube.com/watch?v=ibLfFyOqcjc

11. Michal Rovner, Makom II

http://www.youtube.com/watch?v=SHwAc51r5F0&feature=related

*12. Michal Rovner, Untitled, dalla serie Outside, 1991

http://www.corcoran.org/collection/highlights_main_results.asp?ID=118
http://www.metmuseum.org/search/iquery.asp?datascope=all&command=text&attr1=%22Rovner%22





c) Giovanni Battista Giorgini, Sfilate di Palazzo Pitti, mostra The Italian Metamorphosis:

http://associazioni.comune.firenze.it/archiviogiorgini/testo.htm
http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/fileadmin/template/allegati_media/materiali_studio/progetti/archivio_moda_giorgini.pdf
http://findarticles.com/p/articles/mi_m0268/is_n5_v33/ai_16462123/






d) Net Art: Shilpa Gupta

*13. Shilpa Gupta, The Blessed Bandwidth, 2001
http://www.blessed-bandwidth.net/

Caratteristica opera di net art, propone provocatoriamente un progetto di “benedizione a banda larga” che l’utente/fedele può ricevere, dal clero di una confessione prescelta, attraverso internet. Gli aspetti ironici del progetto, fra cui l’idea di una intercambiabilità fra le diverse confessioni (suggerita fra l’altro da un menu a discesa e da una struttura generale simile a quella dei siti commerciali), si oppongono all’idea delle religioni armate, prive di ironia e pronte a uccidere, che sono un caratteristico fenomeno del mondo contemporaneo (evocate nell’opera della Gupta da figure in tuta mimetica simile a un saio monastico con cappuccio, che affiorano a tratti muovendo il mouse sulle immagini) .

L’idea di una benedizione “a banda larga”, di cui l’artista offre di provare la validità documentando i suoi contatti col clero delle diverse confessioni nell’ambito della realizzazione del progetto, pone in conflitto due aspetti del mondo contemporaneo: la comunicazione a distanza (con relative posssibili mistificazioni) offerte dalla tecnologia, e il persistere di tradizioni ataviche presenti in molti rituali religiosi.






Bibliografia

Michal Rovner:

http://images.google.it/imgres?imgurl=http://www.archimagazine.com/rbeda3.jpg&imgrefurl=http://www.archimagazine.com/rbeda.htm&usg=__xWJc0xiZYLGn437MpmTQOGfXRsE=&h=164&w=344&sz=11&hl=it&start=22&sig2=x28ZQiTPxFK0800UT7Y8rA&um=1&itbs=1&tbnid=91M3BxDYbaW8KM:&tbnh=57&tbnw=120&prev=/images%3Fq%3Drovner%2Bwhitney%26start%3D18%26um%3D1%26hl%3Dit%26client%3Dsafari%26sa%3DN%26rls%3Den%26ndsp%3D18%26tbs%3Disch:1&ei=q9aHS5_nC5yasgaMleSSDw


http://images.google.it/imgres?imgurl=http://www.undo.net/Pressrelease/foto/1242656278.jpg&imgrefurl=http://www.undo.net/cgi-bin/2000/search.pl%3FKEYWORDS%3DCluster%26what%3Dpressrelease%26more%3D10&usg=__N8BJ7xRoyBPkRQHDFc-HcUazdyM=&h=50&w=50&sz=2&hl=it&start=120&sig2=OMeXB-SScDqhU9pMNY0V0w&um=1&itbs=1&tbnid=q2ZsWDPjC_7-IM:&tbnh=50&tbnw=50&prev=/images%3Fq%3Drovner%2Bvenice%2Bbiennale%26start%3D108%26um%3D1%26hl%3Dit%26client%3Dsafari%26sa%3DN%26rls%3Den%26ndsp%3D18%26tbs%3Disch:1&ei=V9qHS_2ONZiRsgaV-_CFDw

Shilpa Gupta:

http://www.youtube.com/watch?v=N0Ed0GgPkX8&feature=related

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