domenica 29 maggio 2011

8. ELEMENTI Dl ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA L' "Epifania" di Michelangelo/Allegoria ed emblematica nel secolo d'oro dell'arte olandese


a) L'Epifania di Michelangelo





*1. Michelangelo, "Epifania".
Carboncino su carta, 1550–1553, 2.32 x 1.65 m
Londra, British Museum

http://en.wikipedia.org/wiki/Epifania http://www.britishmuseum.org/explore/highlights/highlight_objects/pd/m/michelangelo_buonarroti,_epifa.aspx

Il cartone di Michelangelo al British Museum noto come l’Epifania non è uno dei più amati o riprodotti fra i suoi capolavori.
E’ un’opera dell’artista già molto anziano (la realizzò a 75 anni).
Il linguaggio è quello della Cappella Paolina: figure massicce, di grande impatto monumentale, un racconto spoglio fino ad essere disadorno, come se l’artista non avesse più tempo o interesse per gli orpelli, un tratto che ha perso l’esaltante nerbo di un tempo, è ormai quello spesso e arrotondato, diciamo pure stanco, delle opere estreme.
Il soggetto di quest’opera è tuttora di incerta decifrazione: la figura al centro è certamente la Vergine, con ai piedi il Bambino e San Giovannino; con la sinistra respinge una figura di vecchio (generalmente interpretato come San Giuseppe, il gesto alluderebbe al miracoloso concepimento di Gesù, senza intercorso carnale tra Maria e lo sposo), mentre presta orecchio alla figura di giovane alla sua destra, non identificata.
Non ci sono altri personaggi, in particolare i Magi; è difficile quindi interpretare questa rappresentazione come un’Epifania. Questo titolo in effetti si deve al fatto che l’opera è posta in correlazione con un "cartone dell’Epifania" di cui parla il Vasari nella sua Vita di Michelangelo.
Che cosa rappresenta, dunque, questa scena? Per curioso che possa sembrare, plausibili suggerimenti per una sua possibile interpretazione ci vengono da Leonardo da Vinci.
Com’è noto, pur non essendosi mai trovati in situazioni di diretta concorrenza, i due maggiori geni del Rinascimento italiano si odiavano a vicenda, arrivando alla miseria dell’insulto pubblico. Vasari riferisce di un incontro per le strade di Firenze in cui i due, mentre avrebbero avuto ottime ragioni per sorvolare sull’argomento, si insultano scambiandosi a vicenda davanti a testimoni infamanti accuse di pederastia; episodio che farebbe sorridere se non fosse troppo triste, rivelandoci i due grandi in un momento di umanità assai poco esaltante.
Ma è proprio nella Vergine delle Rocce di Leonardo, o, più precisamente, nel momento fiorentino della lunga gestazione di quest'opera che si nasconde, forse, la possibile chiave per l'interpretazione iconografica di quest'opera di Leonardo.




b) Il realismo nel Rinascimento del Nord: da Bosch a Bruegel


Il gusto per l’allegoria e l’immagine iniziatica che caratterizza il primo Rinascimento italiano ha corrispondenza nell’arte dell’Europa del Nord: Jheronimus Bosch (ca. 1450-1516), il maggior esponente dell’arte olandese fra Quattrocento e Cinquecento, crea come abbiamo visto, a partire da alcuni schemi iconografici tradizionali, principalmente il Giudizio finale e le Tentazioni di Sant’Antonio, composizioni sempre piu’ complesse sul tema del mondo degenerato, caduto in preda al disordine e alla follia, la cui comprensione da un certo momento in poi presuppone nel pubblico la conoscenza delle elaborazioni precedenti.
In un altro versante della sua produzione, tuttavia, forse sul finire della carriera (almeno secondo le più attendibili ricostruzioni, poiché nessuna opera è giunta datata,  e non è stato finora possibile stabilire alcun nesso cronologico sicuro), Bosch lascia da parte l’allegorismo irrealistico esplorare forme espressive più aderenti al vero, nelle quali il significato simbolico va reperito sotto le sembianze della realtà quotidiana.

*2. Bosch, Il Carro di Fieno, ante esterne: Il viandante
Madrid, Prado

*3. Bosch, Il viandante (”Il figliol prodigo”), due particolari.
Rotterdam, Museum Boymans-Van Beuningen

*4. Pieter Bruegel il Vecchio, I ciechi, 1568
tempera su tela cm 85,5 x 154
Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte

L'opera si ispira a un ammonimento evangelico: "Lasciateli, sono ciechi, e guide di ciechi; ma, se un cieco ne guida un altro, tutti e due vanno a finire in un fosso" (Mt 15,14), ma trasformandolo in una tragedia ordinaria, in un angolo della campagna fiamminga.



c) Allegoria ed emblematica nel secolo d'oro dell'arte olandese


In conseguenza della Riforma protestante, che a partire dal 1517 influenzerà largamente la civiltà e i costumi, vengono abolite le immagini sacre nelle chiese dell’Europa del Nord.
 In Germania e nei Paesi Bassi, la produzione pittorica abbandona di conseguenza i temi sacri per oltre un secolo e mezzo,  per praticare i generi del ritratto, della scena urbana, degli interni, della natura morta, del paesaggio.
Questa fiorente produzione, a carattere in apparenza realistico, non spiega il suo intenso fascino e il suo senso di mistero se non si tengono in considerazione le premesse da cui nasce, ovvero che si tratta, in partenza,  di una trasformazione della pittura sacra. “Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc facie ad faciem”, afferma San Paolo, uno degli autori sacri piu’ attentamente considerati dai teologi della Riforma: “Ora vediamo attraverso lo specchio in un enigma, allora (e cioè nella vita eterna) vedremo Dio in volto”.
Rapportato alle arti figurative, questo può significare che il volto di Dio non va raffigurato direttamente poichè è ovunque intorno a noi, nascosto nell’apparenza delle cose, dalle più grandi alle più umili, senza distinzione.

Gli scenari di campagna di Ruysdael, con le sue distese di biade e i modesti casolari, le casette dell’anonima stradina di Vermeer, la vita minuscola di una zolla d’erba, e persino le lische e le bucce rimaste nei piatti alla fine di un banchetto,  diventano perciò misteriose allegorie sacre, delle quali il credente deve saper ritrovare il senso. Molte scene di genere olandesi del Seicento, in apparenza semplici e fedeli trascrizioni di vita quotidiana, contengono spesso nascoste allusioni all'emblematica morale in voga all'epoca e diffusa dalle stampe:


5. Gerard ter Borch, La caccia ai pidocchi (ca. 1623-53), ol./tav. 33,5 x 29 cm.
L'Aja, Mauritshuis

6. Purgat et ornat ("Pulisce ed orna"), emblema, dal libro Sinnepoppen di Romer Visscher (1614)12) Pieter Pietersz, Ritratto di Cornelis Schellinger, 1584, ol./tav., 68 x 51 cm.
L'Aja, Mauritshuis

7. "Elck zjin tjid" ("Ciascuno a suo tempo"), emblema, dal libro Sinnepoppen di Romer Visscher (1614)

*8. Pieter Saenredam, La chiesa di Sant’Odulfo ad Assenfeldt
Amsterdam, Rijksmuseum

*9.  Jan Vermeer, “La stradina”.
Amsterdam, Rijksmuseum

10. Vincent Van Gogh, Il riposo meridiano (da Millet), 1889-90.

olio su tela, 73 x 91 cm


Parigi, Musée d’Orsay


Bibliografia

R. ROMANO - A.TENENTI, Alle origini del mondo moderno (1350-1550) , Ed.it. Milano, Feltrinelli, 1967
G.VALLESE, Il tema della follia nell’arte di Bosch: iconografia e stile, “Paragone/Arte” n° 405, novembre 1983, pagg. 3-49
G.VALLESE, Follia e mondo alla rovescia nel Giardino delle Delizie di Bosch, “Paragone/Arte” n° 447, maggio 1987, pagg. 3-22
B. BROOS, Mauritshuis - Guide to the Royal Cabinet of Paintings, L'Aja, SDU Uitgeverij, 1988
S. SCHAMA, La cultura olandese dell'epoca d'oro, trad.it. Milano, Il Saggiatore, 1988
J.KOLDEWEIJ, P.VANDENBROECK, B. VERMET, Hieronymus Bosch: catalogo completo, trad. it. Rizzoli, 2001 (pubblicato in occasione della mostra a Rotterdam,  2001)
D. W. DRUICK, P. K. ZEGERS, Van Gogh e Gauguin : lo studio del sud, trad. it. Milano, Electa, 2002 (pubbl. in occasione di una mostra tenuta a Chicago nel 2001-2002 e a Amsterdam nel 2002).
G.VALLESE, Van Gogh, Milano, Giorgio Mondadori (alleg. a: “Arte” n° 352, dicembre 2002)

lunedì 23 maggio 2011

Biennio 10: Marketing dei profumi

Le campagne pubblicitarie per i profumi, sui quali stanno apparendo numerose tesi di laurea, rappresentano una perfetta sfida per il mondo dell'immagine, che deve suggerire visivamente le atmosfere, gli stili di vita, il benessere che il potenziale acquirente si attende dall'uso di un tipo prodotto di lusso come il profumo, per il quale la necessità va "creata" presso consumatori.




http://www.nysun.com/new-york/marketing-and-living-the-luxury-goods-experience/36474/

Calvin Klein MAN contains rosemary, mandarin, bay, nutmeg, incense, spearmint, cypress wood, and, oh dear, the usual (and overused) fragrance notes of bergamot, violet leaf, guaiac wood, sandalwood, amberwood (which is in LOTS of fragrances this year) and musk. Calvin Klein MAN starts with bergamot, cypress, a bit of bay and violet leaf. Nose boredom sets in immediately, but then the scent freshens thanks to mentholated rosemary and spearmint. (I like minty fragrances, but if you don’t, you may have trouble with the mid-section of Calvin Klein MAN.) The mints mix nicely with a subdued, unburned incense aroma; the heart of the fragrance with its minty incense is my favorite part of Calvin Klein MAN. As the mints calm down, I can detect one of my favorite notes: nutmeg. Too bad the nutmeg signals the start of the fragrance’s classic (or if you prefer “conventional”) warm finish of guaiac wood (with a tinge of rose aroma), sandalwood, amberwood and musk.
Calvin Klein MAN is a well made fragrance and it, along with Narciso Rodriguez for Him and Tom Ford for Men, make a pleasing trio of new mainstream men’s scents for fall and winter. But I’m not thrilled with any of these colognes and I’m left asking the question: why must all these masculine fragrances be so TAME? As with many mainstream men’s fragrances, Calvin Klein MAN is just too smooth, too ‘laundered’ and ‘well-pressed’ for my tastes. I’m frustrated as I think of what Calvin Klein MAN might have been — what if its spearmint and rosemary had been amplified, what if guaiac wood’s rosy element had been accompanied by a medicinal rose accord, and what if Calvin Klein MAN’s ‘incense’ had been burning, instead of simply sitting in its unopened cellophane-wrapped box?

http://www.nstperfume.com/2007/10/04/calvin-klein-man-fragrance-review/

I did find a little treasure though–Cedar EdP, from the new L'Occitane 4 Winds collection! Sorry to speak blasphemy in front of many Terre d'Hermes fans, but I think this should've been the approach Ellena should've considered rather than his composition of orange peels on a big stack of cedar planks sitting in the desert which left me parched!
Cedar starts off bright and resinous with grapefruit and sap (the best part, IMO), then a desert vibe with cumin and tobacco leaves, quite possibly in its green state because it still remains bright and not the dried variety for smoking would impart. You catch a slight impression of leather as well, and as the (atlas) cedar emerges at the base you catch a slightly mentholated kind of vibe from the cedar's camphorous quality from the wood, like that of Opium pour Homme, and finally a low hum of cedar (like that of Td'H) at the end. There's tonka listed at the base too, but only enough to smooth out all the edges and keep you from getting parched like Terre d'Hermes. Overall feel is a soothing and uplifting feeling giving proper homage to a Moroccan oasis as the L'Occitane website refers its inspiration from.


Bibliografia

http://www.ehow.com/how_4556739_marketing-perfume.html

http://www.cosmeticsdesign.com/Market-Trends/Marketing-boosts-cosmetic-sales

ELEMENTI Dl ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA 9. Immagini riservate nel Rinascimento: allegorie, emblemi, imprese/Il "grylle"

a) Imprese ed emblemi


L'impresa ha radici nel mondo cavalleresco medievale: è un motto, o breve proponimento che si unisce a un'insegna araldica (lo "stemma" del cavaliere), scritto su un filatterio annodato alla sommità.

Gli emblemi, di carattere affine, composti cioè di un'immagine congiunta a un motto che ne precisa il significato, nascono e si diffondono In Italia a partire dal Quattrocento. A Venezia, dove la loro moda conosce la maggiore diffusione, essi vengono anche ricamati sugli abiti e sulle calze a contraddistinguere i membri di compagnie e confraternite di giovani eleganti e letterati.

1) Vittore Carpaccio, Incontro e partenza dei fidanzati, firm. e dat 1495, dal Ciclo di Sant'Orsola (complesso di otto teleri e una pala prov. della Scuola di Sant'Orsola, oggi canonica del Convento di San Giovanni e Paolo).
Venezia, Gallerie dell'Accademia

Il giovane con cartiglio in mano viene identificato con Antonio Loredan, figlio di Nicolò, l'anziano patrizio principale finanziatore del ciclo di Sant'Orsola. Sul cartiglio che egli regge nella destra, serie di iniziali interpretate come: Nicolaus Lauretanus donum dedit vivens gloriosae virgini inclytae. Sulla manica sinistra, l'emblema della Compagnia dei “Fratelli Zardinieri”, formata dalle lettere F e Z sopra la rappresentazione di un giardino e da nubi con folgore (per un'esegesi della complessa immagine, cfr. lo studio di L. Zorzi indicato in bibliografia).

Emblema ricamato sul mantello di un Compagno di Calza:

2) Vittore Carpaccio, Miracolo della Reliquia della Santa Croce a Rialto,1494 ca. dal ciclo dei Miracoli della Croce già nella Scuola Grande di San Giovanni Evangelista.
Venezia, Gallerie dell'Accademia

La moda degli emblemi è quanto mai rappresentativa del carattere riservato e iniziatico del sapere umanistico italiano, in particolare di quello d'ispirazione neoplatonica; influenza profondamente anche la pittura.
Per comprendere la moda degli emblemi e delle allegorie, occorre ricordare che, proprio col momento umanistico e rinascimentale, la cultura sta passando di mano: sottraendosi al controllo ecclesiastico, accentuando il recupero della tradizione classica soprattutto, ma anche araba ed ebraica, si inoltra spesso in domini rischiosi, se non proibiti. E’ quasi naturale che i pensatori piu’ arditi cerchino forme di comunicazione riservata, nella quale il pieno senso di alcuni messaggi messaggi e’accessibile solo agli iniziati.
Gli editori di libri, che sono tra i protagonisti di questa rivoluzione, si dotano spesso di emblemi:

3) Marchi di stampatori: Johannes Fust e Peter Schöffer, Johannes Froben, Geoffroy Tory, Aldo Manuzio, Robert Granjon, William Caxton, Robert Estienne il Giovane, Gli Elzevir, Christophe Plantin (da: Steinberg, Cinque secoli di stampa, tav.1)


Il grande libro a stampa veneziano dell'età umanistica è elegante e pregiato, conforme al gusto archeologico anticheggiante proprio della seconda metà del secolo, ma si rivolge a un pubblico relativamente ristretto e socialmente elitario:

4), 5) Pagine con illustrazioni silografiche dall' "Hypnerotomachia Poliphili" di Francesco Colonna, stampato da Aldo Manuzio a Venezia nel 1499.

Il libro transalpino è generalmente più modesto da un punto di vista formale, ma si rivolge a fasce più larghe di popolazione, preparate a questo contatto dall'opera di alfabetizzazione svolta da pie confraternite di laici come le Scuole dei Fratelli della Vita Comune (la cui presenza e attività, senza corrispettivo in Italia, è una caratteristica della civiltà nordica).


II. Giorgione


6) Giorgione, La Tempesta.
Venezia, Gallerie dell'Acccademia


7) Giorgione, I tre filosofi
Vienna, Kunsthistorisches Museum


Secondo due proposte interpretative argomentate e sostenute dall’iconologo Salvatore Settis nel suo La tempesta interpretata (vedi bibliografia), le due celebri immagini rappresenterebbero rispettivamente Adamo ed Eva dopo la caduta , e i tre Re Magi in veste di sapienti orientali in atto di compiere i loro studi astronomici per determinare la data e il luogo della nascita del Messia.
Queste letture sono messe in discussione nelle schede e nei saggi critici inclusi nel catalogo della mostra Giorgione/Le maraviglie dell’arte, in corso alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Secondo Augusto Gentili, i tre personaggi nel dipinto di Vienna rappresenterebbero Mose’, Maometto e l’Anticristo, con riferimento alle indicazioni astronomiche sfavorevoli riferibili all’anno 1504 e contenute nella tabella che il piu’ anziano sapiente, Mose’ appunto secondo questa interpretazione, regge in mano.

8) Giorgione o Tiziano, Il concerto campestre
Parigi, Louvre

Queste e altre celebri composizioni veneziane del Rinascimento, dalla Laura dello stesso Giorgione alla composizione detta Amor Sacro e Amor profano , suggeriscono per la singolarita’ dei dettagli la presenza di un possibile significato allegorico, la cui determinazione permane tuttavia incerta. Fra le letture piu’ convincenti, in rapporto alla diffusione dell’ermetismo platonico negli ambienti umanistici veneziani per opera di umanisti quali Pietro Bembo e Leone Ebreo, da segnalare quelle a suo tempo proposte da Augusto Gentili (Da Tiziano a Tiziano, vedi bibliografia).



c) Il grylle

La figura della testa con gambe, comune sui margini dei manoscritti e che Jheronimus Bosch, tra Quattrocento e Cinquecento, porta a un’intensità enigmatica del tutto particolare, deriva da sigilli antichi con figure di insetti, nelle quali i motivi del dorso, consumendosi, hanno lasciato tracce interpretabili come lineamenti di un volto. Analogamente, la singolare figura del “quadrupede a due zampe” sembra da ricondurre a monete con figure di cavalli e altri animali cui l’usura ha cancellato le zampe anteriori.
9., 10. Bosch, San Giovanni Evangelista a Patmos, insieme e part.
Berlino-Dahlem, Gemaldegalerie

11. Bosch, Trittico degli Eremiti, part.: testa che cammina.
Venezia, Palazzo Ducale

12., 13., 14., tavole da: Jurgis Baltrusaitis, Il Medioevo Fantastico
Questi ed altri simili motivi sono studiati nelle due opere Il Medioevo Fantastico e Risvegli e Prodigi del lituano Jurgis Baltrusaitis, di cui riproduciamo alcune tavole. I suoi studi restano una lettura irrinunciabile anche per quanto attiene ai rapporti tra il Medioevo occidentale e il vicino e l’estremo Oriente.



Bibliografia:


Sugli emblemi:

L. ZORZI, Carpaccio e la rappresentazione di Sant'Orsola, Torino, Einaudi, 1988,in part. pagg.76-82.
H. STEINBERG, Cinque secoli di stampa (19612), trad. it. Torino, Einaudi
A. GENTILI, Da Tiziano a Tiziano, Roma, Bulzoni, 1980
R. MASCHIO (a cura di) , I tempi di Giorgione, Roma, Gangemi, 1994
G.NEPI SCIRE’, S. ROSSI (a cura di), Giorgione: le maraviglie dell’arte, Venezia, Marsilio, 2003

L.PUPPI, A.PAOLUCCI, E.M.DAL POZZOLO, Giorgione, Catalogo della mostra a Castelfranco Veneto, Milano, Skira, 2009


Sul “grylle”:
J.BALTRUSAITIS, Il Medioevo fantastico, trad. it Adelphi 1973

Triennio 12. Net art: Äda'web /Jenny Holzer/Muntadas. Videocamere di sicurezza: Julia Scher/Jonas Dahlberg. Mark Wallinger alla 49.a Biennale


Nata nel 1994 dall'iniziativa di un imprenditore (John Borthwick) e di un giovane curatore (Benjamin Weil), Äda'web si è assunta il difficile compito di mediare tra i due mondi quello dell’arte e della tecnologia, e l'ha fatto attirando in rete artisti il cui lavoro si era già conquistato un ruolo nella storia dell'arte contemporanea, come Jenny Holzer e Antonio Muntadas. In questo modo, ha accelerato i tempi di un riconoscimento istituzionale della net art.
Il valore del lavoro svolto da Äda'web è stato sancito dal fatto che, al momento della sua chiusura, il progetto ha fatto il suo ingresso nelle collezioni del Walker Art Center di Minneapolis. 


Nel 2003, per una serie di motivi molto diversi (l'indebolirsi del mito della rete, la crisi economica mondiale, forse una persistente sottovalutazione del settore new media), molti musei americani hanno ridotto al minimo il loro impegno in questo settore:

“fino al caso clamoroso del Walker Art Center, che ha interrotto le attività della Gallery 9, licenziando in tronco Steve Dietz, curatore della sezione new media e promotore di quella straordinaria fase che ha avuto nell'acquisizione di Äda'web il suo momento centrale. E questo senza che altre istituzioni intervenissero a raccoglierne il testimone”.

(Domenico Quaranta, NET ART 1994 - 1998. La vicenda di Äda'web, Vita & Pensiero, collana "Strumenti", Milano, marzo 2004).

http://www.domenicoquaranta.net/thebook.html

I motivi per cui la Net Art non ha mai veramente decollato e l’interesse dei musei e delle grandi rassegne sembra decrescere anziché aumentare, possono essere diversi. Le gallerie, da sempre più interessate ad opere fisicamente presenti, numerabili e commerciabili, non sembrano interessate a questo settore. Il pubblico, dal canto suo, frequenta la rete in modo sempre più entusiastico, sia per lavoro che per divertimento (basti pensare al’immenso fatturato dell’industria dei videogiochi online). A fronte del dilagare dell’uso di internet, la net art sembra obiettivamente in uno stato singolare di declino o di assenza.
Tramite, gli archivi di Äda'web, avviciniamo alcune opere di net art, per renderci conto meglio delle potenzialità (e degli eventuali limiti) del mezzo.


*1. Jenny Holzer, Please Change Beliefs, progetto di net art, 1995
http://adaweb.walkerart.org/project/holzer/cgi/pcb.cgi



Tra gli artisti che hanno cooperato con Äda'web, Jenny Holzer ha prodotto uno dei più coerenti e significativi: in linea con quella che è da sempre il suo lavor di public art volto a mettere in connessione il pubblico con il senso delle parole che quotidianamente usiamo.

Please Change Beliefs è basato sui “truisms” (dall’inglese “true”, vero): frasi il cui contenuto sembra plausibile, ma delle quali sembra vero anche l’esatto contrario. Per esempio “Mangiare troppo è criminale”/“Mangiare troppo poco è criminale”; “Tutti gli uomini sono innocenti”, “Nessun uomo è innocente”. L’utente può intervenire nell’opera attraverso internet, cambiando uno o più “truisms” nel suo apparente opposto, senza che l’insieme di queste frasi sentenziose sembri perdere la sua autorevolezza.




2. Julia Scher, Security Land, 1995, progetto di net art.
http://www.adaweb.com/project/secure/corridor/sec1.html



Con queste opere, la Scher ha contribuito a lanciare un filone, in seguito abbracciato da diversi artisti, come Jonas Dahlberg e Ann-Sofi Siden.
Dopo aver realizzato le sue prime opere interagendo con le videocamere di sorveglianza situate nel college universitario nel quale studiava, la Scher è diventata animatrice dei Surveillance Camera Players, un collettivo di performers che dal 1996 interagisce con le videocamere di sorveglianza collocate negli spazi pubblici.

Sul suo coinvolgimento con l’arte in rete, vedere l’intervista:
http://rhizome.org/discuss/view/29746/#2772





Tra gli artisti di net art, Antonio Muntadas (Barcellona 1942) è l’unico che ha “bucato” il ghetto degli spazi riservati e delle manifestazioni specializzate per entrare nel circolo delle grandi manifestazioni d’arte come la Biennale di Venezia e Documenta. La sua notorietà si lega in particolare a due opere: The File Room, database online dedicato alla censura nel mondo, e On Translation, complesso progetto che esamina problemi e limiti della comunicazione umana, fra nuove tecnologie e limiti dei vecchi linguaggi.



3. Antonio Muntadas, The Board Room, 1987, installazione.


4. Antonio Muntadas, Words: The Press Conference Room, installazione, 1991

*5. Antonio Muntadas, The File Room, progetto di net art, 1994-95
http://www.thefileroom.org/

*6. Antonio Muntadas, On translation, ciclo di installzioni e progetto di net art, 1996-2006
http://adaweb.walkerart.org/influx/muntadas/



Un esuriente resoconto in lingua italiana della sua carriera è offerto dallo stesso Muntadas in questa intervista:

http://www.undo.net/cgi-bin/openframe.pl?x=/Pinto/muntadas.htm



Lo svedese Jonas Dahlberg è soprattutto noto per due opere video estremamente suggestive, create realizzando modellini architettonici entro i queli una videocamenra viene succesivamente fatta scorrere su binari.
Il risultato è estremamente suggestivo: l’occhio della telecamera scorre con una regolarità innaturale attraverso una sequenza di stanze vuote, simili in apparenza ai corridoi deserti di un albergo, con un effetto che è estremamente ricco di suspense, vagamente associabile, attraverso il bianco e nero, a scene e atmosfere di vecchi film.



*7. Jonas Dahlberg, Horizontal Sliding, 2000, videoinstallazione

8. Jonas Dahlberg, Vertical Sliding, 

2001.
Opera presentata fra l’altro alla Biennale di Venezia nel 2003.


Nell’opera:


*9. Safe Zones N°9, 2004

l’intervento consisteva nell’apparente collocazione di videocamere di sorveglianza nei bagni, che realtà sono soltanto riprodotti in modellini e poi filmati; l’operazione mira a far riflettere sulle nostre attese riguardo alle videocamere di sorveglianza e sulle nostre sensazioni riguardo all’essere osservati/spiati.



Bibliografia:



Oltre alle opere già indicate nel testo, si veda:


http://en.wikipedia.org/wiki/Jenny_Holzer

http://www.wikiartpedia.org/index.php?title=Muntadas_Antonio
http://web.mit.edu/vap/people/faculty/faculty_muntadas.html

http://www.jonasdahlberg.com/

http://www.jonasdahlberg.com/

domenica 15 maggio 2011

Triennio 10: Tomas Saraceno: tra arte, scienza e architettura

Tomas Saraceno è nato a San Miguel de Tucumán, Argentina, nel 1973. Vive e lavora a Francoforte.
Le sue creazioni artistiche si pongono al confine tra arte, scienza, archiettura e design, e fanno vivere allo spettatore un’intensa esperienza sensoriale, spesso legata all’idea dell’elevarsi e fluttuare verso il cielo e l’universo.


*1 Tomas Saraceno, Galaxies Forming Along Filaments, Like Droplets Along the Strands of a Spider's Web” (“Galassie che si formano lungo dei filamenti, come goccioline lungo i fili di una ragnatela”), 2008/9, corde elastiche, Installazione.

Opera presentata alla Biennale di Venezia 2009. Si veda:
Fare Mondi/Making Worlds, Catalogo della 53.ma Esposizione Internazionale d’Arte (La Biennale di venezia), a cura di Daniel Birnbaum, Marsilio 2009, pag. 146


2. Biosphere MW32/Air-Port-City, 2007. Cuscini in PVC gonfiati ad aria compressa, corda.
Installazione presso Palazzo Ducale, Genova.


Observatory/Air-Port-City, 2008. Cuscini in PVC gonfiati con aria compressa, cupola di metallo, pavimento rispecchiante. Hayward Gallery, Londra.


Per le Olimpiadi di Londra del 1012, l’artista sta preparando l’installazione:

The Cloud. Broadcasting the Climate of Humanity.

Vedere presentazione nel sito del MIT:
http://web.mit.edu/giodn/Public/theCLOUD_slides.pdf



Per informazioni sull’opera e il pensiero dell’artista, vedere questa intervista, che lo vede a confronto con la sua galleria italiana, la Pinksummer di Genova:

http://architettura.it/files/20041021/index.htm



Bibliografia:



Materiali relativi alla conversazione di Antonino Busà su Tomas Saraceno:



intervista:
http://www.youtube.com/watch?v=AcNnwSDDVpM
in riferimento al progetto thecloud (londra 2012)
http://www.raisethecloud.org/#home
opera 14 billion:
http://latrodectus-mactans.blogspot.com/
museo aereosolare
http://museoaerosolar.wordpress.com/
http://www.air-port-city.org/
opera biennale "Galaxies Forming along Filaments" 2008
http://www.flashartonline.it/interno.php?pagina=onweb_det&id_art=326&det=ok&titolo=TOMAS-SARACENO
http://www.youtube.com/watch?v=i0_b16Fx1EY
gallerie rappresentanti Tomas Saraceno
http://www.tanyabonakdargallery.com/artist.php?art_name=Tomas Saraceno
http://www.andersen-s.dk/
http://www.pinksummer.com/pink2/art/sar/wks001en.htm
istallazzione "Biosfere" s.m.k.2009
http://www.smk.dk/udforsk-kunsten/web-tv/udstillinger/rethink/tomas-saraceno/
"irridescent planet":
http://www.bonnierskonsthall.se/en/Exhibitions/Exhibitions/Life-Forms/Tomas-Saraceno/

sabato 14 maggio 2011

ELEMENTI Dl ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA 7.Botticelli, Aby Warburg, Ernst H. Gombrich/Le collezioni medicee e la nascita dell'Accademia del Disegno

a. Sandro Botticelli ed Ernst H.Gombrich


Ernst H.Gombrich (Vienna 1909 –Londra 2008) è uno fra i maggiori studiosi di iconografia e iconologia del secolo XX. Formatosi nel brillante ambiente intellettuale della capitale austriaca del primo ‘900, si trasferisce a Londra nel 1936, lavorando al Warburg Institute che ha successivamente diretto dal 1959 fino alla morte.
Tra le sue opere maggiori ricordiamo le raccolte di saggi Arte e illusione e a Cavallo di un manico di scopa, fortemente influenzate dalla psicanalisi e dalla teoria della percezione; Norma e forma, e Immagini simboliche, più direttamente connesse alla tradizione della ricerca storico-iconografica.
Nel saggio qui considerato, Mitologie botticelliane, Gombrich sviluppa alcuni spunti di ricerca di Aby Warburg, fondatore della disciplina iconografica/iconologica, apportando importanti chiarimenti su opere di Botticelli come Venere e Marte, Pallade e il Centauro, l’Allegoria della Primavera, la Nascita di Venere e gli affreschi di Villa Lemmi. Anche grazie a questo suo contributo, è ormai accettato da tutta la critica che Botticelli abbia creato alcune delle sue più note allegorie profane per il committente Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino del Magnifico, e che in esse sia centrale il riferimento a testi classici recentemente riscoperti, nell’ambito del revival platonico di cui era leader a Firenze Marsilio Ficino, uno dei principali intellettuali della cerchia medicea. Alcune parti della lettura di Gombrich, tuttavia, in particolare la sua interpretazione del ruolo di Mercurio nell’Allegoria della Primavera, sono state rigettate dalla critica successiva e superate da ricerche più recenti quali quella del Dempsey citata in bibliografia.
Sul soggetto e il significato dell’ Allegoria della Primavera, peraltro, il ventaglio delle proposte interpretative appare assai vario e il dibattito è tuttora aperto.

Le ricerche sul Botticelli sono alla base della storia della disciplina iconografica/iconologica: Aby Warburg (1866-1929) scelse come argomento della sua tesi di dottorato due dipinti mitologici di Botticelli: la Nascita di Venere e la Primavera. La dissertazione, presentata nel dicembre del 1891, venne pubblicata due anni più tardi con il significativo sottotitolo di "Ricerche sull'immagine dell'antichità nel primo Rinascimento italiano". Fin da quel momento,
Warburg si rese conto che qualsiasi tentativo di comprendere l’opera di un pittore del Rinascimento era futile se il problema veniva accostato esclusivamente da un punto di vista formale. In questa scelta metodologica, Warburg rompe con le ricerche già innovative di Wölfflin, che nei suoi Concetti fondamentali della storia dell’arte (Kunstgeschichtliche Grundbegriffe, 1915) ipotizzava una disciplina autoreferenziale, la quale potesse essere studiata come ‘storia degli stili’.


*1. Botticelli, Marte e Venere, ol.tav. 1482 (?)
Londra, National Gallery

2. Rilevo su sarcofago, II secolo d.C.
Roma, Musei Vaticani

3. Stemma della famiglia Vespucci

4. Botticelli, Marte e Venere, part.

5. Piero di Cosimo, Le disgrazie di Sileno (part.), ol./tav.
Cambridge, Mass., Fogg Art Museum




b. Le collezioni medicee, la loro influenza sugli artisti, e l'origine dell'Accademia di Firenze



*6. Botticelli, Nascita di Venere, ol./tav., 1482(?)
Firenze, Uffizi

*7. - 8. Cammeo di età ellenistica detto “Tazza Farnese”, recto e verso.
Napoli, Museo archeologico Nazionale
Gemma considerata dal Magnifico il pezzo più importante della sua collezione.
http://it.wikipedia.org/wiki/Tazza_Farnese
http://marcheo.napolibeniculturali.it/itinerari-tematici/galleria-di-immagini/RA147

9. Alessio Baldovinetti, Il battesimo di Cristo
Firenze, Museo di San Marco

*10. -11. Botticelli, Soggetti allegorici (Affreschi di Villa Lemmi), 1480-83 (?)
Parigi, Louvre

12. Botticelli, Testa di donna (part. dell’affresco di Villa Lemmi)

13. Ghirlandaio, Tre donne (part. della Visitazione), affresco.
Firenze, Santa Maria Novella

15. Maniera di Nicolò di Francesco Spinelli, Medaglia di Giovanna Tornabuoni

16. Botticelli, Testa d’uomo (part. dell’affresco di Villa Lemmi)

17. Maniera di Nicolò di Francesco Spinelli, Medaglia di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici

18.-19. Maniera di Nicolò di Francesco Spinelli, Medaglia di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici

20. Dioskurides, Apollo, Marsia e Olympos, corniola detta “Il sigillo di Nerone”.
Napoli, Museo archeologico Nazionale

21. Frontespizio di un manoscritto di Omero, 1488, part.
Napoli, Biblioteca Nazionale

22. Sandro Botticelli (cerchia), Ritratto di giovane donna, part.
Francoforte, Staedelsches Kunstinstitut

23. Raffaello, La Scuola di Atene, part.: Apollo con la lira. Affresco, 1509-1e
Roma, Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura


Una parte consistente delle collezioni medicee del Quattrocento è costituita da gemme e monete antiche, da cui gli artisti della cerchia, come negli esempi appena visti, traggono ispirazione per soluzioni stilistiche e temi iconografici. L’offrire a valenti giovani artisti l’accesso alla collezione dei marmi antichi (custoditi nel Giardino di San Marco) e a quella delle gemme, oltre che alla conversazione con umanisti e intellettuali della cerchia familiare, costituisce il primo germe dell’idea di un’accademia d’arte. La prima Accademia di belle arti della storia, concepita con la formula tuttora in uso di luogo d’incontro fra i saperi artigianali connessi all’arte e discipline umanistiche, prenderà in effetti una forma istituzionale proprio a Firenze oltre mezzo secolo dopo: si tratta dell’Accademia del Disegno fondata nel 1562 da Giorgio Vasari, e cui furono messi a capo come “principi”, e significativamente posti sullo stesso piano, Michelangelo Buonarroti, allora all’apice della fama, e il granduca di Firenze Cosimo I de’ Medici.


Bibliografia

Su Botticelli:

E.H. GOMBRICH, Mitologie botticelliane/Uno studio sul simbolismo neoplatonico della cerchia del Botticelli (1945), in Immagini simboliche/Studi sull’arte del Rinascimento, trad.it. Torino, Einaudi, 1978
C. BO, G. MANDEL, L’opera completa del Botticelli, Milano, Rizzoli (“Classici dell’Arte”, N°5), 1967
C. DEMPSEY, The Portrayal of Love/Botticelli’s Primavera and the Humanist Culture at the time of Lorenzo The Magnificent, Princeton, N.J., Princeton University Press, 1992

Fare inoltre riferimento alle schede relative alle singole opere contenute nel catalogo informatico del Polo Museale Fiorentino:
http://www.polomuseale.firenze.it/

Sulle collezioni medicee, la loro influenza sugli artisti e le origini dell’Accademia del Disegno a Firenze:

N.DACOS, Arte italiana e arte antica, in Storia dell’Arte italiana, Parte prima, volume terzo, Torino, Einaudi, 1979
F.M.TUENA, G.MORI, Il tesoro dei Medici/collezionismo a Firenze dal Quattrocento al Seicento, Firenze, Giunti (“Art Dossier N° 18), 1987
N. PEVSNER, Le Accademie d’arte (1940) , Trad.it Torino, Einaudi, 1982

domenica 1 maggio 2011

ELEMENTI Dl ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA 6. La Nuda: Giorgione e Campagnola/Bosch nelle collezioni veneziane/ Dürer, Gesù tra i Dottori

a) Giulio Campagnola


*1. Giulio Campagnola, Ninfa dormiente, incisione.
Venezia, Fondo storico dell’Accademia di Belle Arti

Questo foglio è degno di nota non solo per la tecnica inconsueta del “bulino puntinato”, introdotta da questo incisore vicino all’ambito giorgionesco per ottenere un effetto più atmosferico e sfumato, ma anche per la sua singolare iconografia.
La ninfa dormiente volta di spalle, sola nel paesaggio, viene posta in relazione con una possibile invenzione di Giorgione, attestata dalle fonti: secondo Marcantonio Michiel, in casa di Pietro Bembo a Padova si trovava la miniatura su pergamena di una “nuda tratta da Zorzi, stesa e volta” (Zorzi = Giorgio, cioè Giorgione; vedi scheda 138 nel catalogo Rinascimento a Venezia, elencato in bibliografia).
Fra le opere oggi note del maestro di Castelfranco, la cosiddetta “Venere” del museo di Dresda ci presenta una nuda che dorme castamente in un paesaggio. Da osservare che mancano in quest’immagine gli attributi tradizionali di Venere (coppia di conigli o di colombe, simbolo di fertilità e di lascivia, o il piccolo Cupido); anzi, presso la figura, si osserva un ceppo reciso, possibile elemento allusivo alla sterilità.
Un elemento innovativo è che, in entrambe le immagini, la nuda nel paesaggio è sola: mancano i Satiri che nelle rappresentazioni classiche, e anche in una nota silografia dell’Hypneromachia Poliphili, ne spiano il sonno.

*2. Giorgione, Nuda in un paesaggio (“Venere dormiente”)
Dresda, Gemäldegalerie

*3. Tiziano, “Venere di Urbino”, olio su tela, cm 119 x 165 , 1538
Firenze, Uffizi

Eseguita su commissione di Guidobaldo Della Rovere, futuro duca di Urbino, il quale nel marzo del 1538 ingiungeva l suo incaricato a Venezia di non ritornare a Urbino senza “la donna nuda”.
Per la prima volta nella storia della pittura occidentale la “Venere” è una donna reale, ambientata in una stanza da letto veneziana nella quale si osserva il dettaglio di due cameriere (una delle quali inginocchiata di spalle, intenta a frugare in un cassone) che preparano i suoi abiti.
Con gli occhi bene aperti e fissi su chi guarda, questa maliziosa ragazza forma un netto contrasto con la sognante e incolpevole sensualità della figura di Giorgione.

4. Lucas Cranach, La ninfa della fonte.
Berlino-Brandenburg, Stiftung Preussische Schlösser und Gärten

Lucas Cranach eseguì numerose repliche e varianti di questa composizione, che ebbe a quanto pare grande successo.
Il titolo del dipinto deriva dall’iscrizione in alto a sinistra (“Sono la ninfa della sorgente sacra, non disturbate il mio sonno: sto riposando”), forma abbreviata di una poesia pseudo-classica della fine del XV secolo, che si diceva rinvenuta presso la statua dormiente di una ninfa in un’imprecisata località presso il Danubio).
Nonostante la diversità stilistica, quest’immagine di Cranach presenta punti di contatto con l’iconografia adottata da Giorgione: il sonno della fanciulla e le caviglie intrecciate sono simboli di verginità e di purezza, che l’iscrizione esorta a non contaminare.

*5. Marcantonio Raimondi, “Il sogno di Raffaello”, ca. 1508. Incisione a bulino
Sull’iconografia di questa enigmatica immagine, forse da porre in relazione con le “nude” di Giorgione e del Campagnola, si veda Il Rinascimento a Venezia, scheda N° 114

Per confronto, aggiungiamo ancora due celebri ninfe del Rinascimento:

*6. Benvenuto Cellini, Ninfa di Fontainebleau. Bronzo, base cm 109
Parigi, Museo del Louvre

Prima del Perseo e del Narciso, la prima grande scultura eseguita dal Cellini é questa Diana cacciatrice per il castello di caccia di Francesco I, in Francia, nel 1543-44. Col suo elegante allungamento delle proporzioni in gusto neo-gotico, quest’opera fu esemplare per la Scuola di Fontainebleau.

*7. Rosso Fiorentino, Ninfa delle acque, 1522-40, affresco
Castello di Fontainebleau, Galleria di Francesco I



Bibliografia

Oltre alle opere citate nel testo, si vedano:
AA.VV. Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tiziano (cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi), Milano, Bompiani, 1999, in part. le schede n°114,138-142)
C.CAGLI-F.VALCANOVER, L’opera comleta di Tiziano, Milano, Rizzoli (“Classici dell’Arte”, N°32), 1969
http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp?position=1&nctn=00131831&rvel=null
http://www.wga.hu/index1.html


b) Bosch nelle collezioni veneziane del primo ‘500



Le quattro opere di Bosch attualmente presenti a Venezia, Palazzo Ducale (Trittico degli Eremiti e Trittico di una martire Crocifissa, firmati, piu’ quattro pannelli frammentari con scene del Paradiso e dell’Inferno), si trovavano a Venezia gia’ agli inizi del Cinquecento; nel 1521, Marcantonio Michiel vide nella collezione del Cardinal Domenico Grimani, insieme a numerosi altri dipinti di maestri “ponentini” (ovverossia nordici), diverse opere di Bosch. La sua descrizione e’ peraltro vaga e imprecisa (“la tela dell’inferno…la tela delli sogni”), e solo la storia esterna dei dipinti della Collezione Grimani, che finirono dopo varie vicissitudini ereditarie in Palazzo Ducale, permette di collegare le opere di Bosch che ivi si trovano attualmente (che peraltro sono tavole, e non tele), al riferimento del Michiel.
La presenza di mostriciattoli fantastici nella stampa del Raimondi e in altre opere veneziane e ferraresi del primo Cinquecento viene spesso, superficialmente, messa in relazione con questi dipinti di Bosch.
A un esame piu’ attento, si nota tuttavia che la tipologia delle creature fantastiche di Raimondi, Campagnola e Dossi nelle opere viste fin qui ha diretti precedenti non in Bosch, ma nelle ben piu’ note e diffuse stampe tedesche di Cranach e Schongauer sul tema delle Tentazioni di Sant’Antonio. Di sicura derivazione boschiana e’ invece il tema dell’incendio notturno, che a partire dal primo decennio del ‘500 conosce una straordinaria fortuna nella pittura veneta, lombarda e ferrarese.
Questi “paesi da fogo” italiani si diffondono in rapporto a temi come gli Inferni e le Tentazioni di Sant’Antonio (come nel bresciano Savoldo, che produce alcuni dipinti “boschiani“ di intensa suggestione), o vengono ricondotti a temi classici o biblici piu’ vicini al gusto italiano, come ad esempio l’incendio di Troia, la distruzione di Sodoma, Lot e le figlie.


*8., 9. Bosch, Visioni dell’Aldila’ ol./tav. cm 84,5 x 108
Venezia, Palazzo Ducale

10. Lucas Cranach il Vecchio, Tentazioni di Sant’Antonio, xilografia, secondo stato, f..e d. 1506 in basso a sinistra.

11. Bosch, Tentazioni di Sant’Antonio, tavola
Lisbona, Museu de Arte Antigua





Bibliografia

AA.VV., Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini, Dürer, Tiziano, a cura di B. Ajkema e B.L. Brown (Cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi, 1999), Milano, Bompiani.
Ernst H. Gombrich, La teoria dell’arte nel Rinascimento e l’origine del paesaggio, in Norma e forma/Studi sull’arte del Rinascimento, 1966, trad. it. Torino, Einaudi.
AA.VV., Le delizie dell’Inferno/Dipinti di Jheronimus Bosch e altri dipinti restaurati (Cat. della mostra a Venezia, Palazzo Ducale, 1992), Venezia, Il Cardo.


Per gli autori gia’ trattati, vedere le dispense precedenti.


c) Dürer, Gesù tra i Dottori

Nella storia dell’arte italiana, il formato a mezza figura per soggetti a carattere sacro viene usato per la prima volta dal Mantegna, e grazie a lui si diffonde nella sua cerchia veneziana, Giovanni Bellini (Presentazione di Gesù al tempio, Venezia, Fondazione Querini Stampalia), Cima da Conegliano ecc. Ma iconografie simili si osservano in opere di Leonardo, Bosch e Giorgione.


Tra il 1505 e il 1507 Dürer tornò in Italia. A Venezia conobbe Giovanni Bellini e ottenne l'importante commissione di dipingere la Festa del Rosario (1506, Praga, Galleria Nazionale), per il Fondaco dei Tedeschi.
Allo stesso periodo risale anche il misterioso Opus Quinque Dierum:

*12. Albrecht Dürer, Gesù tra i dottori, 1506. Olio su tavola 64, 3 x 80, 3 (Monogrammato e datato nel foglietto inserito nel libro)
Madrid, MuseoThyssen-Bornemisza, inv.1934.38

Opera eseguita “alla prima”, con tecnica quindi ben diversa dall’altra opera veneziana certa, la Pala del Rosario per la chiesa di San Bartolomeo, oggi a Praga, che fu invece eseguita minuziosamente con tecnica tradizionale.


Si rimanda per la bibliografia , nel già ricordato Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini , Dürer, Tiziano (cat. della mostra a Venezia, Palazzo Grassi, 1999, vedere bibliografia) , al saggio di Fritz Koreny dal titolo Dürer e Venezia e le schede relative.

*13. Andrea Mantegna, Adorazione dei Magi, tempera a colla su lino 54,7 x 70,7 cm
Los Angeles, Paul Getty Museum





Bibliografia

Grandi teste.
Oltre al saggio citato di Fritz Koreny, si vedano:
E.H.GOMBRICH, Le teste grottesche, in L’eredità di Apelle (1976), trad. it. Torino, Einaudi, 1986, pagg.80-106
F. CAROLI, Leonardo/Studi di fisiognomica, Milano, Edizioni Leonardo, 1990
G. VALLESE, Leonardo’s “Malinchonia”, in “Achademia Leonardi Vinci” vol. V, 1992, pagg. 44-51

Biennio 9. Tempi brevi: trailer, teaser, clip musicali. Petry, Art of Not Making

a) Il trailer come genere


Anche per effetto dell'accresciuta capacità degli utenti di capire i messaggi audiovisuali, i tempi si stanno contraendo: gli spot pubblicitari, i video musicali, i trailer sono "generi" brevi, che hanno abituato il pubblico a trovare convogliati in pochi secondi contenuti che nel passato venivano comunicati attraverso messaggi più lunghi.


*1. The ChubbChubbs! I(2002)
http://www.youtube.com/watch?v=AAm6im8bZgo

http://en.wikipedia.org/wiki/The_ChubbChubbs!
http://www.imdb.com/title/tt0331218/plotsummary

The Scrat in Gone Nutty e nei trailer dei film Ice Age :

http://en.wikipedia.org/wiki/Scrat

2. http://www.youtube.com/watch?v=uGLh8uktrmA&NR=1


3. http://www.youtube.com/watch?v=W4gvxUlGNAs


Storia del genere trailer:

http://en.wikipedia.org/wiki/Trailer_(film)



Osservazioni di Bill Viola sui tempi filmici.


a) Finti trailer dell’artista Francesco Vezzoli (Brescia 1971):


Vezzoli studia a Londra presso il Central St. Martin's School of Art dal 1992 al 1995, anno in cui rientra in Italia e sviluppa i primi video come An Embroidered Trilogy (1997, 1998, 1999) presentata presso gallerie e musei italiani ed europei.
Personali: nel 2000 alla Galleria Comunale d'Arte Moderna (Bologna) e nel 2002 al Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea (Torino) e al New Museum of Contemporary Art (New York
Partecipa alla 49° Biennale di Arti Visive di Venezia nel 2001, con la performance:

*4. Embroidery of a Book: Young at any age, stampe laser su tela con ricami in filo metallico (2000),
che riproducono dive celebri di un tempo,

e performance dell’ex modella degli anni ’60 Veruschka:

*5. Veruschka era qui, 2001

che siede in primo piano di fronte all’opera precedente ricamando al telaio il suo stesso volto come appariva su una copertina di Stern del 1969, quando era all’apice del successo.

Alla Biennale del 2005 presenta:


*6. Trailer for the Remake of Gore Vidal’s Caligula, 2005. Film a 35 mm trasferito su DVD, 5 min.

Ambientato in una villa “hollywoodiana” di Beverly Hills, il falso trailer comincia con Gore Vidal (nella parte di se stesso), che parla del progetto. Seguono scene del presunto film, con noti divi e dive, alcuni dei quali apparivano nel film originale: Helen Mirren nella parte di Tiberia, madre di caligola; Adriana Asti come Ennia, ruolo che recitava nel film originale, e che anche qui fa uso di una speciale e trasgressiva crema per il viso; Milla Jovovic come l’amata sorella di Caligola, Druscilla; Karen Black nei panni di un’altra sorella di Caligola, Agrippina, la futura madre di Nerone e moglie dell’imperatore Claudio, Michelle Phillips (del gruppo “The Mamas and Papas”) come Messalina, la prima moglie di Claudio e considerata la donna più dissoluta della storia; Courtney Love nella parte dell’imperatore Caligola.


7. Marlene Redux: A True Hollywood Story!, 2006.

http://www.youtube.com/watch?v=pCr0RSmLxM4&feature=PlayList&p=4C1C54A1634D483C&index=13&playnext=2&playnext_from=PL


Il finto documentario ripercorre la vita e la carriera di Vezzoli mettendo a fuoco un progetto immaginario, il remake di un documentario di Maximilian Schell su Marlene Dietrich (1984).
Nel 2007, Vezzoli inaugura insieme a Giuseppe Penone il rinato Padiglione Italiano (all’Arsenale ) con

*8. Democrazy, 2007
http://www.youtube.com/watch?v=ajSS-1zTgG4&feature=PlayList&p=4C1C54A1634D483C&playnext=1&playnext_from=PL&index=12


prendendo spunto dalle imminenti elezioni presidenziali americane, finto spot con Sharon Stone nella parte della futura possibile first lady e il filosofo francesce Bernard-Henri Lévy come ipotetico presidente.


b) Rudolf Stingel



Stingel, nato nel 1956 a Merano, è dai primi anni '80 newyorkese di adozione.

Un ricordo delle sue origini altoatesine sono i fogli di polistirolo sui quali lascia delle impronte camminandoci sopra con degli scarponi, con un effetto simile a neve.
Il suo lavoro fino al 2000 si caratterizza per un meditato uso di materiali industriali, come il polistirolo, i fogli in cellotex, la moquette.
Negli ultimi anni è tornato alla pittura su tela. “Alpino (1976)” è un autoritratto intensamente iconico, desunto da una fototessera dell’artista ai tempi del servizio militare.



*9.Untitled (Instructions), 1989, Silkscreen inks on sintra face on plexiglas, 108 x 155



*10 Untiled 2000, polistirolo 244 x 488 x 10 cm



*11. Alpino 1976 2006, olio su tela 335 x 326 cm
Collezione François Pinault






Bibliografia

Oltre alle opere segnalate nei link già ricordati, vedere:

I. GIANELLI (a cura di) , Francesco Vezzoli/Democrazy, Milano, Electa, 2007
(Catalogo edito in occasione della mostra al Padiglione Italiano per la 52.Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia).


F. BONAMI (a cura di), Rudolf Stingel/at the Museum of Contemporary Art, Chicago, and the Whitney Museum of American Art, New York, Hatje Kantz , 2007

Triennio 9:Vanessa Beecroft, Lucinda Devlin, Nancy Davenport, Doug Hall, Shirin Neshat

Accademia di Belle Arti in Venezia
STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA
Docente: Gloria Vallese





a) Artisti di Iconos Metropolitanos: Vanessa Beecroft, Lucinda Devlin, Nancy Davenport, Doug Hall, Shirin Neshat


Con l’aiuto del sito di questa importante mostra che si è tenuta al PROA di Buenos Aires, fondazione argentina per l'arte contemporanea tra le più attive nel panorama internazionale, approfondiamo l’attività di alcuni artisti:

http://www.proa.org/exhibiciones/pasadas/iconos/salas/id_hall.html



http://www.vanessabeecroft.com/frameset.html

http://www.brown.edu/Facilities/David_Winton_Bell_Gallery/devlin.html

Lucinda Devlin, nata ad Ann Arbor (Michigan,USA) nel 1947, si è rivelata al pubblico internazionale con l’opera The Omega Suites presentata alla 49.ma Biennale di Venezia nel 2001: trenta immagini di altrettante “camere della morte” di penitenziari negli Stati Uniti (tutti gli stati nei quali all’epoca era ancora legalizzata la pena di morte negli USA), fotografate con assoluta sobrietà e oggettività di dettagli.


*1. Lucinda Devlin, The Omega Suites, serie fotografica, 1991-98

La serie successiva, Pleasure Grounds, applica lo stesso sguardo a una serie di suites nuziali, saune e palestre di grandi alberghi.

http://www.paulrodgers9w.com/?method=Exhibit.ExhibitDescriptionPast&ExhibitID=20593A05-115B-5562-AA90C8E7D5D1E3D6

Shirin Neshat (1957), è una artista iraniana di arte visiva contemporanea, conosciuta soprattutto per il suo lavoro nel cinema, nei video e nella fotografia. Vive attualmente tra il suo paese di origine e New York.

http://it.wikipedia.org/wiki/Shirin_Neshat


http://www.iranian.com/Arts/Dec97/Neshat/


*2. Women of Allah, 1997, serie fotografica


*3. Rapture, 1999, serie fotografica


Recensione relativa al debutto della Neshat nel lungometraggio con il film Donne senza uomini (2009):


http://www.cineblog.it/post/19091/donne-senza-uomini-di-shirin-neshat-recensione-in-anteprima


Nancy Davenport (Vancouver 1965), è stata resa famosa dalle due serie di fotomontaggi digitali

Apartements (2000-01) e Accident Prone(1996).


http://www.nancydavenport.com/
http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=89918

Vanessa Beecroft (Genova1969) è una artista italiana. Attualmente vive a New York.
Di madre italiana e padre inglese, ha trascorso parte della sua infanzia a Malcesine (sul lago di Garda).
Diplomata all'Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, segue i corsi di spettacolo dell'Associazione La Chiave di Campopisano diretta da Mimmo Chianese per poi trasferirsi all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove si diploma nel 1993. Attualmente vive e lavora a New York, che l'artista stessa definisce «il primo paese in cui mi sono sentita a casa».
La sua fama è soprattutto legata a performances, che riuniscono giovani donne più o meno nude secondo le regole del “casting” cinematografico: ciascuna delle partecipanti deve avere determinati requisiti fisici e di abbigliamento e attenersi a una coreografia prescitta dall’artista impone prima di ciascuna azione, per comporre dei veri e propri "quadri viventi", esposte in gallerie e musei di arte contemporanea.
La prima performance di Vanessa Beecroft si è tenuta presso la galleria di Luciano Inga Pin di Milano, durante il Salon Primo dell'Accademia di Belle Arti al Palazzo di Brera.


*4. http://www.vanessabeecroft.com/



http://www.newemotion.it/hot.php3?ProdID=62



Bibliografia
Vedere i siti indicati nel testo